BARI - Il via libera al Recovery divide i partiti politici nella valutazione degli effetti sulla Puglia: sono soddisfatti gli esponenti della maggioranza larga che sostiene il premier Mario Draghi, mentre critiche arrivano dall’opposizione di Fratelli d’Italia e dai Verdi europei.
Spiega Ubaldo Pagano, deputato dem, enumerando dove andranno le risorse in arrivo nella regione: «Tutti sappiamo quanto il Mezzogiorno e la Puglia soffrano dell’insufficienza di adeguate infrastrutture. Il Piano ci permetterà di investire tante risorse in questo ambito. I primi grandi interventi saranno quelli su ferro: la Bari-Napoli sarà percorsa in 2 ore con più di 10 treni ad alta velocità; tutta la tratta adriatica che va da Lecce a Bologna sarà messa nelle condizioni di essere percorsa in tempi molto più rapidi; così come si interverrà sulla Taranto-Battipaglia. E ancora, molti interventi di potenziamento riguarderanno i porti pugliesi, a cominciare da Taranto e Brindisi. E non bisogna nemmeno dimenticare il sostegno che il Pnrr garantisce al Superbonus 110%. Sul versante del welfare ci sono 4,6 miliardi di euro dedicati alla realizzazione di nuovi asili nido». Infine sulla Sanità «il piano prevede due linee di intervento: la realizzazione di reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale e investimenti per l’innovazione, la ricerca e la digitalizzazione del servizio sanitario nazionale», conclude Pagano.
Il commento di Roberto Marti (segretario della Lega Puglia e senatore) è misurato: «Arriveranno risorse importanti per lo sviluppo della Puglia, ma il nodo dell'arrivo dell’alta velocità fino a Lecce purtroppo non registrerà gli esiti attesi, per motivi tecnici. Questa è una occasione perduta, ma il Carroccio si batterà con ogni mezzo per migliorare la mobilità ferroviaria fino al Salento».
Dario Damiani (coordinatore vicario di Forza Italia, intervenuto a Palazzo Madama con dichiarazione di voto favorevole per il gruppo azzurro): «L’entità economica complessiva in arrivo dall'Ue supera addirittura quella del Piano Marshall: con il Piano Marshall l’Italia ricevette una somma pari circa all’8,3% del Pil del 1948; il sostegno finanziario del solo Recovery Fund (escludendo Sure e eventuale Mes) è pari invece all’11,2% del Pil italiano del 2019».
Il senatore Gian Mauro Dell’Olio, M5S, non esulta: «Si può migliorare, non sono strafelice ma è un innegabile passo in avanti. Nel documento è presente una quantità significativamente più alta rispetto ai livelli di spesa nel tempo passato come attestato dallo Svimez. Ma ora l’importante è spendere queste risorse, fino al 2026. Andando avanti ci sarà la possibilità di orientare non tanto il Recovery, ma gli altri impegni nazionali a sostegno del Sud».
Si è astenuto alla Camera il deputato Marcello Gemmato, coordinatore pugliese di Fdi: «Il nostro voto è legato alla metodologia: abbiamo avuto il testo del governo a poche ore dal voto. Volevamo partecipare in maniera attiva, ma non ci è stato consentito. Gli impatti in Puglia? Bisogna misurare la capaci di spesa: la Regione girata da Emiliano è ultima nell’utilizzo di fondi Ue a partire da quello per l’agricoltura. Un gestione fallace del momento di spesa può ipotecare in negativo il futuro dei giovani pugliesi». Critica Rosa D’Amato, eurodeputato dei Verdi europei: «Alla fine scippo è stato. Ed fa ancora più rabbia la retorica di chi esalta come un successo il 40% di risorse destinate al Sud con il Recovery plan di Draghi. La verità è che alle regioni meridionali doveva andare di più, molto di più».