BARI - iLa mannaia della Corte dei Conti si abbatte sui bilanci dei gruppi dei partiti in Consiglio regionale per l’ultimo anno della scorsa legislatura. E nell’elenco delle forze politiche che - con deliberazione della magistratura contabile - potrebbero essere costrette a restituire una cifra tra i 350 mila e i 400mila euro ci sono nove gruppi tra cui in particolare Cinque Stelle, Forza Italia, Emiliano sindaco di Puglia, Popolari-Udc e gruppo Misto. Per tutti gli altri si tratta di contestazioni prettamente formali.
Nel mirino della Sezione di controllo (presidente Carlo Picuno) è finita, come previsto dalla legge, la verifica delle spese sostenute da gennaio a settembre scorso da ciascun gruppo politico che - in quanto autonomo - è responsabile del proprio bilancio ma deve rispettare alcuni vincoli. Il primo problema che quest’anno ha fatto calare la mannaia era già stato evidenziato nel 2019: riguarda «la mancanza di chiarezza della disciplina sulle spese per consulenze» fissata dal Consiglio regionale, con alcuni gruppi che contabilizzano i collaboratori nella spesa per il personale. L’altro problema è quello delle autorizzazioni: le spese relative ad alcuni contratti sono state assunte in mancanza della firma del capogruppo, un problema che però - dicono in Regione - nasce dall’emergenza Covid. In periodo di lockdown non è infatti stato possibile (ad esempio) depositare in banca la firma del nuovo capogruppo, per cui ad esempio la liquidazione dello stipendio è stata disposta da un capogruppo non più in carica salvo ratifica postuma del nuovo. Procedura che i giudici contabili (è il caso di «Emiliano Sindaco») non hanno ritenuto lecita.
Il problema è però più complesso per quello che riguarda il gruppo Cinque Stelle (stesso discorso per Emiliano sindaco di Puglia). Qui, infatti, il problema non è solo connesso alla non corretta rendicontazione di alcune consulenze per 173mila euro (secondo i giudici andavano computate tra le spese di funzionamento del gruppo), quanto è legato alla mancanza di un atto scritto per conferire a tre collaboratori un compenso suppletivo a seguito di ulteriori incarichi di consulenza. «Il gruppo consiliare - scrivono i giudici contabili - si è limitato a riconoscere sic et simpliciter le somme richieste» e «senza che vi fosse alcun valido titolo giuridico quale presupposto dei pagamenti effettuati». Si tratta, secondo la Corte dei conti, «di lacune insanabili» che comportano la richiesta di restituzione di circa altri 18.500 euro. Tra questi c’è pure, però, un incarico affidato a un avvocato per 1.400 euro, per occuparsi di qualcosa (non meglio specificato) che secondo la Corte dei conti non attiene né al Consiglio regionale né al gruppo, e per il quale un consigliere grillino ha chiesto al Consiglio di addivenire a una transazione: insomma un pasticcio.
La somma richiesta indietro è rilevante anche per la lista «Emiliano sindaco di Puglia»: circa 105mila euro, di cui 65mila per errata rendicontazione e 41mila per mancanza di autorizzazioni. Il problema si è verificato - come detto - anche in anni passati, ed è stato risolto, per quanto riguarda la non corretta rendicontazione, con la ri-approvazione del bilancio che ha rimesso ciascuna spesa nella voce ritenuta corretta. Ma stavolta c’è anche il nodo delle mancate autorizzazioni, che potrebbe non essere così semplice da sanare: i capigruppo in carica nell’ultimo scorcio della scorsa legislatura dovranno dunque avviare un approfondimento specifico. E siccome i referti di controllo sono stati inviati alla Procura della Corte dei conti, rischiano di essere sottoposti a un procedimento per danno erariale.