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Fontana: «Recovery, piano da riscrivere. Il Sud ha diritto a più risorse»

 
Leonardo Petrocelli

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Leonardo Petrocelli

Confindustria Bari-Bat: Sergio Fontana è il nuovo presidente

Fontana (Confindustria) al neoministro Carfagna: subito progetti coraggiosi

Domenica 14 Febbraio 2021, 15:50

15:53

BARI - Sergio Fontana, presidente di Confindustria Puglia, dopo settimane di incertezza il Paese riparte con un nuovo esecutivo, fortemente europeista, guidato da Mario Draghi. Gli industriali hanno accolto con favore il cambio di passo. Ora cosa vi aspettate?
«Abbiamo la fortuna di avere un nuovo governo guidato da una personalità di alto profilo come Mario Draghi. Da una figura così autorevole ci aspettiamo che sappia traghettarci fuori dalla tempesta e che sappia gettare le basi per un rilancio strutturale del sistema Paese, che lasci il segno anche fra trent’anni. Avremo ingentissime risorse europee per farlo e credo che questo governo potrà utilizzarle al meglio. Da questo esecutivo ci aspettiamo inoltre velocità e stabilità, dal momento che può basarsi su un consenso estremamente ampio in Parlamento e gode di un grande apprezzamento da parte dei mercati, come ci ha dimostrato l’immediato e forte calo dello spread».

Grande è la sofferenza del mondo produttivo in questa fase, soprattutto al Sud. Cosa serve nell’immediato?
«La pandemia ha colto il Sud e la Puglia in una fase di lenta ripresa dal decennio di crisi precedente, quando ancora queste economie non avevano recuperato i livelli produttivi del 2008. Per questo il Mezzogiorno si trova adesso ad avere una minore capacità di reazione rispetto al resto del Paese. Il Centro Studi di Confindustria ha calcolato che la sua ripresa nel 2021 e nel 2022 sarà inferiore a quella del delle regioni settentrionali».

E dunque?
«Per sostenere l’economia meridionale ci aspettiamo, nell’immediato, che il nuovo governo non smantelli quello che di buono ci è stato dato e, anzi, che si adoperi perché le misure migliori vengano messe in atto subito. Mi riferisco, in particolare, alla decontribuzione del 30% sul lavoro, che non può essere applicata finché il governo italiano non riuscirà ad ottenere la necessaria autorizzazione dalla Commissione europea. Inoltre dal nuovo governo ci aspettiamo che il Sud abbia più Stato, che faccia rispettare le regole, e una macchina pubblica che funzioni».

Nel lungo periodo, invece, sarà determinante il Recovery Fund. Le risorse destinate al Sud all’interno del piano dovrebbero essere superiori a quanto ipotizzato finora?
«Il Sud deve avere ciò che gli spetta in base ai criteri stabiliti dalla Commissione Europea, nulla di più e nulla di meno. E siccome l’Europa ha stabilito chiaramente che le risorse del Next Generation EU devono essere ripartite non solo in base al criterio della popolazione residente nei territori, ma anche in base a loro livello di PIL e di disoccupazione, ciò comporta che il Mezzogiorno deve ricevere molte più risorse di ciò che ha stabilito sinora il governo italiano».

Quanto ai contenuti, si riparte dalla seconda bozza del governo Conte bis. Una buona base o bisogna riscrivere tutto?
«Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, trasmesso al Parlamento dal precedente governo, non c’è alcun un impegno forte per riallineamento delle economie regionali e non si vedono nemmeno obiettivi concreti, misurabili legati agli interventi programmati e alle risorse stanziate. Come bene ha dichiarato il nostro presidente nazionale Carlo Bonomi, infatti, il Piano dovrebbe contenere obiettivi ben quantificabili per poter essere sottoposto a valutazione dei risultati da parte dell’Ue, altrimenti si corre il rischio di revoca dei fondi o, peggio ancora, di una restituzione. Aggiungerei che nel Piano dovrebbero essere ben quantificati anche e soprattutto gli obiettivi di riallineamento dei territori: stime precise di quanto vogliamo ridurre, ad esempio, le disparità occupazionali, infrastrutturali, digitali, i divari di competenze e di efficienza nei servizi della Pubblica Amministrazione. Il Piano dovrebbe dirci chiaramente da quali dati partiamo e a quali dati dobbiamo arrivare e con quali mezzi. Nulla di tutto questo, purtroppo, c’è nel Piano presentato in Parlamento»

E quindi quali punti, secondo lei, bisognerà ulteriormente rafforzare per incoraggiare la crescita del Mezzogiorno?
«Si devono rafforzare le infrastrutture materiali e immateriali: porti, aeroporti, Alta velocità e 5 G, ma anche il sistema dell’istruzione e della formazione dalla scuola alla università, pubbliche e private».

Sempre a proposito di Recovery a che punto è l’interlocuzione con la Regione Puglia?
«Il presidente Michele Emiliano ci ha dimostrato la volontà di confrontarsi con le forze sociali per addivenire ad un piano il più condiviso possibile. Un piano che non sia una semplice lista della spesa, bensì un programma coraggioso, che nasca da ciò che ci unisce e non da ciò che ci divide. Dato che si tratta di lasciare in eredità un debito ai nostri figli e ai nostri nipoti, credo che questo sia il metodo di operare più giusto».

La rivoluzione verde, di cui tanto si parla e per la quale è stato istituito un ministero per la transizione energetica, può essere davvero un volano di sviluppo, anche per il Sud, o è solo un «innamoramento» della politica in questa fase?
«La transizione energetica non è una moda, è una necessità economica ed è anche un’esigenza realizzabile, perché dotata di ingenti risorse finanziarie per farlo. La transizione energetica è il futuro dell’economia e la Puglia con la decarbonizzazione della Centrale elettrica di Cerano e dell’Iva di Taranto può diventare un modello per il resto del Paese».

Tanti sono i volti nuovi nei ministeri, moltissimi dei quali settentrionali. E molti già parlano di governo a trazione «nordista». È preoccupato?
«No, non sono preoccupato, perché un economista come Draghi sa bene che il Nord non può crescere senza il Sud e l’Italia non può crescere senza l’interezza del suo territorio. Un governo lungimirante capirà che il Sud non è periferia d’Europa ma centro del Mediterraneo dei traffici globali che questo sta catalizzando».

A cambiare è anche il ministro per il Mezzogiorno. Dal dem Provenzano alla forzista Mara Carfagna. La priorità è sempre quella: ridurre il gap Nord-Sud. Quale primo impegno chiedete al neoministro?
«L’impegno di dare al Sud quello che gli spetta di diritto: le risorse che l’Europa gli ha destinato. Non chiediamo contributi a pioggia, ma progetti coraggiosi. Superata l’emergenza, chiediamo di operare per il rafforzamento strutturale della capacità competitiva dei territori mediante l’irrobustimento del tessuto produttivo, il rilancio degli investimenti pubblici e privati e un potenziamento della Pa a supporto delle imprese».

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