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Sud e Recovery Fund il richiamo della Cgil

 
Pino Gesmundo *Segretario Generale Cgil Puglia

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Pino Gesmundo *Segretario Generale Cgil Puglia

La Cgil si tinge di gialloGesmundo: «I nostri votano M5S»

I fondi Ue e la piattaforma della Cgil

Domenica 27 Dicembre 2020, 17:15

In un rapporto scritto nel 1972 per il Ministero del Bilancio dall’illustre economista Pasquale Saraceno, tema lo sviluppo del Mezzogiorno, si affermava come il divario tra Nord e Sud del paese si sarebbe colmato solo nel 2020. In questi giorni in rete girano ritagli della stampa dell’epoca che riporta nei titoli la poco ottimistica previsione. Sono trascorsi 48 anni e seppur sul versante della crescita industriale, economica e sociale di strada ne è stata fatta, sarebbe folle negarlo, gli squilibri tra le due aree dell’Italia permangono e rappresentano un limite allo sviluppo dell’intero Paese. Una frattura che dalla crisi del 2008 in poi ha ripreso a crescere; anche nell’emergenza determinata dalla pandemia – lo dicono gli studi di Bankitalia e dello Svimez - lo storico gap strutturale ha determinato ricadute economiche e sociali che si sono dispiegate con maggiore drammaticità al Sud, a causa del tessuto produttivo più debole, del mondo del lavoro più frammentato, della società più fragile. A fronte di questo scenario e della eccezionale e irripetibile disponibilità di risorse stanziate dall’Unione europea, ci aspettiamo ora decisioni e azioni conseguenti da parte del Governo nazionale. A partire dal cofinanziamento dello Stato sui fondi europei per le politiche di coesione, dove l’Unione Europea rispetto alla programmazione precedente stanzia 7 miliardi in più nel bilancio pluriennale 2021-2027 per le regioni con maggior ritardo di sviluppo, che però passano da cinque a sette sommandosi anche Sardegna e Molise a Campania, Puglia, Sicilia, Calabria e Basilicata. Così che si parli del React o dei fondi del Mes vanno immaginati interventi strategici in grado di intervenire proprio sui ritardi storici del Mezzogiorno: la Cgil nazionale ha avanzato le sue proposte nel documento dal titolo “Dall’emergenza al nuovo modello di sviluppo”. Si tratta di spingere e riqualificare la domanda interna anche con adeguati investimenti pubblici e scelte di politica industriale capaci di assicurare la resilienza delle imprese e il passaggio a un nuovo paradigma di sviluppo, considerando il lavoro come valore, rivalutando i beni comuni, la tutela dell’ambiente, la cura del territorio, l’istruzione e la ricerca, la salute, per un welfare più inclusivo, una riforma fiscale che incrementando la progressività riduca il peso fiscale sulle fasce più deboli. Linee e indirizzi ripresi dalla Cgil Puglia nel costruire con i territori e le categorie la propria piattaforma regionale. Per la Cgil è necessario un governo unitario delle risorse e una strategia condivisa tra Stato centrale, Regioni e parti sociali per garantire una efficacia e omogeneità degli interventi, in una visione di sviluppo che non prescinda dalla centralità del lavoro, della buona occupazione. Sapendo che questo è forse l’ultimo treno che passa per la ripresa e la riduzione del divario tra i territori, senza il quale si condannerà non solo il Mezzogiorno ma tutto il Paese a essere sempre più povero e diviso. Perché attendere che altri 48 anni passino inutilmente proprio non ci è consentito.

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