BARI - Nel periodo del lockdown (dalla seconda settimana di marzo fino ai primi giorni di maggio) i pazienti che confluiscono ai centri di salute mentale della Asl Bari hanno saputo affrontare l’eccezionalità del periodo quasi senza scompensi. Mentre il Paese era rinchiuso, loro hanno accettato l’imprevisto sentendosi in qualche maniera addirittura protetti dalla vicinanza dei loro familiari. La fase 1, insomma, ha lasciato meno strascichi di quanto, al contrario, sia avvenuto successivamente.
«Dopo il 4 maggio e sempre di più man mano che l’estate si avvicinava - afferma Domenico Semisa, direttore del Dipartimento di Salute Mentale della Asl Bari - abbiamo constatato e continuiamo a constatare comportamenti opposti: persone che commettono imprudenze, senza la minima preoccupazione di evitare assembramenti, oppure gente ancora paralizzata dalla paura di uscire, socializzare, viaggiare o anche solo sostare in luoghi frequentati.
Questa continua incertezza, determinata forse dalla scarsa conoscenza dell’andamento pandemico e da informazioni talora contraddittorie, ha disorientato gli stessi pazienti che avrebbero voluto tornare a essere assistiti di persona, ma che non sapevano in che misura farlo senza correre rischi. Cosicché c’è chi ci chiede di tornare in presenza e chi di intervenire da remoto. Per recuperare la corretta distanza nella relazione (non solo quella fisica, ma anche quella psicologica ed emozionale) ci sarà bisogno di tempo. Le conseguenze emotive oltre che psicopatologiche legate alla Covid-19 saranno più chiare, e suffragate da dati, tra qualche mese».
PERCORSO Una nuova ondata potrebbe complicare ancor più il percorso, proprio mentre gli specialisti stanno lavorando per permettere di elaborare e metabolizzare il trauma. «Aver vissuto questa esperienza - spiega Semisa - rende tutti noi più forti. I pazienti che si rivolgono ai Servizi saranno più preparati anche sul piano psicologico. Per il resto, continueremo a garantire gli interventi previsti nei piani terapeutici, oltre a essere sempre pronti all’emergenza. Del resto, pure nel periodo di lockdown non ci siamo mai sottratti. Siamo intervenuti per i ricoveri: le équipe hanno dato supporto al 118. Così come sono state continue le consulenze a distanza, anche con la collaborazione delle famiglie, in modo che sapessero attingere a risorse proprie e valorizzare le capacità di resilienza. I congiunti sono abituati a gestire i propri cari, esiste la competenza anche dell’esperienza, non solo dello studio.
Purtroppo, la pandemia ha ritardato, ma non certo accantonato, il percorso per implementare i PDTA (Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali) anche per le patologie psichiatriche maggiori. Questi sono strumenti di pianificazione efficaci ed efficienti in grado di raccordare tutte le fasi di diagnosi-cura-assistenza-riabilitazione, anche con lo scopo di uniformare i processi clinici rivolti a una determinata categoria di pazienti».
RECUPERO - Il principio del 21esimo secolo, raccomandato in tutte le linee guida cliniche e professionali, nonché focus esplicito nelle politiche internazionali sulla salute mentale, è la recovery, un percorso che mira ad attivare risorse individuali che permettano al paziente di vivere in modo pieno la sua vita nonostante la patologia.
Per giungere allo scopo, però, è necessario ci siano organici sufficienti. «La recovery - approfondisce Semisa - racchiude in sé anche il concetto di “prevenzione della cronicità” con l’obiettivo di recuperare il paziente consentendogli, nonostante la patologia, di reinserirsi nella società sfruttando le capacità di cui è dotato. Riguardo alle risorse umane, al di là di quanto previsto nella dotazione organica, talora scontiamo la carenza di professionisti disponibili nel contesto. Ad esempio, ci sono pochi psichiatri a causa del numero limitato di borse di specializzazione. La Asl mette in atto procedure concorsuali e tutti gli istituti contrattuali disponibili per poterli reclutare, ma il numero già ridotto di medici che si riesce a reperire rischia di essere purtroppo compensato da altrettanti pensionamenti o trasferimenti. Si è deciso dunque di fare anche un’altra operazione: stiamo puntando a valorizzare le altre figure professionali che compongono l’équipe multiprofessionale del servizio psichiatrico: verranno assunti psicologi, infermieri, tecnici della riabilitazione, educatori professionali, assistenti sociali e, per i servizi di neuropsichiatria infantile, logopedisti e tecnici della psiconeuromotricità».
ORGANICO - Nella ASL è stata recentemente programmata l’assunzione di 50 psicologi tra Dipartimento di salute mentale e strutture aziendali ospedaliere e territoriali. Arriveranno a breve i 10 tecnici della riabilitazione psichiatrica assunti con concorso: sono stati inviati a visita medica e sono in attesa di essere contrattualizzati. Tra gennaio e giugno scorso hanno preso servizio 9 psichiatri ed è già in corso una nuova procedura concorsuale, in attesa della cui definizione l’Asl ha previsto il conferimento di incarichi a tempo determinato in base al fabbisogno. Nel dipartimento rientrano 7 centri di salute mentale territoriali, il servizio di Npia (Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza) organizzato in 4 macro aree, 3 Servizi psichiatrici di diagnosi e cura ospedalieri (Spdc), la Psicologia clinica, il Centro per i disturbi del comportamento alimentare, il Gippsi (Gestione interdisciplinare prevenzione psicosi, progetto di collaborazione tra il Dsm ed Epasss, l’Ente provinciale Acli servizi sociali e sanitari) e il Centro diurno «Cunegonda» per il recupero di pazienti psichiatrici.