CANOSA - «Forza raghezzi, la Gazzetta non può e non deve morire, dobbiamo fare di tutto per salvare un giornale storico come il “nostro”». Esordisce così Lino Banfi, arrivato nella “sua” Canosa, davanti a una tazza di caffè e con l’immancabile copia de «La Gazzetta del Mezzogiorno» tra le mani. Sul volto, una mascherina molto particolare che gli è stata regalata da una giovane sarta canosina con ricamata la scritta “Porca puttèna”, quella sua frase storica che però, detta da lui, non ha niente a che vedere con le parolacce. Un’esclamazione che diventa quasi di gioia oggi che finalmente è potuto arrivare da Roma nella piccola Roma (Canosa) dopo il lungo periodo di quarantena e di lockdown.
Lino Banfi, accompagnato dal figlio Walter, è tornato nella sua terra di Puglia per pochissimi giorni. «Mi spiace non poter salutare il mio caro amico presidente Michele Emiliano, che mi ha voluto onorare del titolo di ambasciatore della Puglia “in the world”, ma sono venuto qui solo per un paio di giorni e so che lui è molto “impegneto” nella nuova campagna elettorale. Mi spiace non riuscire ad incontrarlo, ma lo farò presto».
La visita a Canosa è quasi-lampo. «Sono tornato in Puglia appena ho potuto – racconta - per riprendere quel cammino, iniziato qualche tempo fa, per dare vita a una cordata di produttori per promuovere i sapori e i prodotti tipicamente pugliesi».
Il progetto del nuovo marchio “Bontà Banfi” parte da lontano, ma si è dovuto interrompere in questi mesi di lockdown. Ora, con il figlio Walter, ha ripreso quel percorso che porterà sulle tavole italiane, e non solo italiane, prodotti tipici pugliesi “doc” attraverso per ora i «Todis», e poi, man mano, anche attraverso le altre catene di supermercati. Dalle orecchiette, alle focacce, ai vini , fino alle conserve, ai latticini e ai taralli. Tutte produzioni pugliesi “doc”, proprio come il nostro Lino nazionale. «Quelle a kilometro zero – dice - anzi a kilometro S, cioè senza nemmeno un chilometro, quelle sotto casa». Scherza Lino, nelle vesti di indaffarato ma, finalmente, sereno imprenditore. Tanto sereno che davanti a una «tazzulella e’ cafè», sorseggiato a “distanza sociale”, si ferma ancora un po’ per ricordare il periodo del lockdown a Roma, e quelle “pubblicità” prima per invitare a “restare a casa” e poi, la più recente, ad usare la mascherina e a mantenere il distanziamento. «Devo dire che è stato un periodo abbastanza difficile e quando mi hanno chiesto di girare questi spot promozionali istituzionali non ho potuto né voluto tirarmi indietro. Sono o non sono il nonno d’Italia?».
Poi un pensiero corre ai suoi colleghi del mondo dello spettacolo. «È un momento molto difficile perché il nostro settore non è ancora ripartito. Qualsiasi produzione ha difficoltà oggettive per ricominciare, perché ci sono tanti risvolti lavorativi che, in questo momento storico, impediscono una immediata ripartenza. Ma ce la dobbiamo fare, perché noi italiani siamo forti».
«… e noi pugliesi forse lo siamo anche un po’ di più» aggiunge alzando un po’ il tono della voce. Questa volta però, invece di battersi il palmo della mano sulla pelata, riprende tra le mani la copia de «La Gazzetta del Mezzogiorno» e conclude alla sua maniera: «Ce la facciamo. Forza raghezzi e forza Gazzetta».