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«Ricoverati per 3 settimane. I farmaci? Servono a poco»: parla direttore Malattie Infettive Policlinico Bari

 
Nicola Simonetti

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Nicola Simonetti

Asclepios

L’area covid all’interno del Policlinico di Bari

L'intervista al professor Angarano: «Situazione sotto controllo»

Giovedì 02 Aprile 2020, 14:33

I coronavirus sono stati identificati a metà degli Anni ‘60 e sono noti per infettare l’uomo ed alcuni animali (inclusi uccelli e mammiferi). Preferiscono impadronirsi inizialmente delle epiteliali del tratto respiratorio e gastrointestinale. Ad oggi, sette Coronavirus hanno dimostrato di essere in grado di infettare l’uomo. Siamo in preda a confusione di notizie, numeri, fake news, paure, incertezza sul futuro.

Chiediamo chiarezze all’infettivologo professor Gioacchino Angarano.

Angarano è figlio d’arte: il papà, della scuola del professor Chini, è stato apprezzato primario di medicina interna nell’ospedale «Fallacara» di Triggiano. Laureato in Medicina e specializzato in Malattie infettive nell’Università di Bari (prof. Pastore), Angarano è professore ordinario e direttore delle Malattie infettive del Policlinico di Bari. La situazione attuale da noi è controllata, controllabile e siamo ampiamente pronti per affrontare eventuale picco dei casi. L’organizzazione ospedaliera e del territorio è soddisfacente».

Quali sono le previsioni?

«Riscontriamo i buoni risultati derivanti dall’isolamento di città e persone. È necessario raccomandare di attenersi alle regole. Ho preparato, insieme all’Ordine dei medici, linee guida per la presa in carico da parte dei medici di famiglia».

Quali i segnali di allarme?

«I sintomi primi sono febbre, tosse, difficoltà respiratoria, dispnea (sopraffilato). I casi positivi vanno circoscritti e le misure di isolamento devono essere chiare e soprattutto osservate. La sola febbre non è sufficiente per allertare interventi di emergenza e ricorrere al tampone diagnostico. La stagione attuale non è facile perché è foriera di raffreddori, ed anche la influenza stagionale sta lasciando il territorio».

Che durata ha la malattia?

«Non è come l’influenza. Ben tre settimane in assenza di complicanze di rilievo. Però spesso dopo la guarigione, il paziente continua ad ospitare il virus e rimane contagiante. Non possiamo dimetterlo finche continuerà a rimanere possibile distributore di virus. Il Policlinico sta valutando di riservare un reparto per chi viene dimesso, in attesa che il tampone diventi negativo».

Ci sono farmaci efficaci?

«I farmaci funzionicchiano. Nessuno previene. Ma sono in grado di accorciare la durata della malattia e di eliminare dolori, astenia, febbre ed altri sintomi».

Cosa possiamo dire dei farmaci in sperimentazione?

«Non c’è sperimentazione. Quelli che stiamo usando sono già da tempo presenti nella farmacopea. Li adattiamo, ovviamente, alla situazione. In attesa di molecole specifiche e di vaccini.

Come vanno le guarigioni?

«Sono del cento per cento per i degenti che non hanno complicanze ricoverati nei nostri reparti di infettivologia».
Ci sono portatori sani che distribuiscono virus, inconsapevolmente?
«Non è ancora acclarata la loro eventuale presenza nella comunità. Lo sapremo dopo gli studi epidemiologici e strumentali attualmente in corso».

Ci sono, però, malati che presentano pochi sintomi, i cosiddetti paucisintomatici?

«Indubbiamente sì. Si tratta, quasi sempre, dei soggetti più giovani. In genere quanto più sono giovani tanto meno è grave la malattia. Il problema sono soprattutto gli anziani: spesso hanno comorbilità che l’infezione scompensa ed è subìto, nell’organismo, confusione e calo di difese immunitarie. Diventa difficile curarli».

Ma chi ha pochi sintomi può rappresentare una fonte di contagio?

«Lo sarebbe indubbiamente se il malato e le persone conviventi non pongono in atto le precauzioni che bisogna sempre avere in questo periodo. Cioè attenzione nel tossire e starnutire, proteggere bocca e naso, eliminare subito il fazzoletto usato, lavarsi con cura le mani e portarle il meno possibile a viso, bocca, naso».

A proposito delle mani, cosa è bene usare?

«Acqua e sapone, soluzioni alcoliche al 70%, composti del cloro (amuchina) sono idonei e sufficienti per “sciogliere” la capsula che circonda il virus e lo protegge».

Come proteggere gli ambienti?

«Con la pulizia e le stesse difese usate per le mani che, se soprattutto se sporche, sono un veicolo di passaggio deli virus da un soggetto infetto ad altri».

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