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Puglia, treni a 50 all'ora: i soldi per i lavori usati per altro, indagini

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

Puglia, treni a 50 all'ora: i soldi per i lavori usati per altro, indagini

Due fascicoli della Procura dopo l'inchiesta sulla strage tra Corato e Andria: i soldi per il raddoppio c'erano, ma sono stati spesi in altro modo

Domenica 22 Settembre 2019, 09:02

17:28

I soldi per l’adeguamento alle norme di sicurezza c’erano. Ma i lavori non sono stati fatti in tempo. E così, dal 30 settembre 2016 sui binari delle ferrovie locali pugliesi si va rigorosamente a 50 km l’ora: tre anni di treni lumaca che danneggiano in primis tutti i pendolari e fanno emergere più di un interrogativo. Molto spesso quei finanziamenti destinati all’installazione dei sistemi di controllo del traffico sono stati dirottati su altri interventi, allo scopo di far crescere il numero dei passeggeri e - dunque - di far aumentare i ricavi dei concessionari.

Un tema da mesi all’attenzione della Procura di Bari, che ha ereditato da Trani uno stralcio dell’inchiesta sul disastro del 13 luglio 2016 tra Andria e Corato in cui morirono 23 persone. Nell’ambito di quel fascicolo, come noto, la Finanza ha passato al setaccio i bilanci delle ferrovie private: non solo quelli di Ferrotramviaria, la società che gestisce la linea della strage e che con i soldi per il raddoppio dei binari avrebbe piuttosto comprato nuovi treni, ma anche di Sud-Est, che (parole dell’assessore ai Trasporti, Gianni Giannini, all’epoca dell’incidente del Salento) «è tra le aziende che non hanno speso in tempo».

Bisogna dunque capire se, comportandosi in questo modo, le due aziende abbiano violato dolosamente il contratto di servizio che le lega alla Regione: da qui anche l’ipotesi di reato, inadempimento in pubbliche forniture, fattispecie più lieve rispetto a quella di frode ma pur sempre grave perché presuppone un danno all’ente pubblico. Ecco perché la competenza sulle indagini è della Procura di Bari.

Gli accertamenti si sono però biforcati. Il fascicolo che riguarda Ferrotramviaria, all’epoca affidato a Trani al pm Michele Ruggiero (poi nel frattempo trasferito nel capoluogo) sono stati assegnati al pm Ignazio Abbadessa, del pool pubblica amministrazione coordinato dall’aggiunto Lino Giorgio Bruno. Pare che in un primo tempo la Procura ne avesse chiesto l’archiviazione, poi - a seguito di una richiesta di informazioni del ministero della Giustizia, cui si erano rivolti i familiari delle vittime della strage - la questione è stata riconsiderata. Gli accertamenti su Sud-Est sono invece finiti sulla scrivania dell’aggiunto Roberto Rossi, che coordina il pool reati finanziari cui fa capo il processo sulla bancarotta della più importante ferrovia privata italiana.

Gli elementi di fatto da passare al vaglio sono molti. Ma con un filo comune. Nel 2015 una lettera della Regione avvertì i concessionari che i fondi per la manutenzione delle linee vanno rendicontati anno per anno, specificando quali sono gli interventi effettuati. Cosa che, almeno fino al 2018, non è mai avvenuta: il corrispettivo chilometrico per l’infrastruttura è infatti finito nel calderone dei contributi erogati alle aziende. E poi ci sono i finanziamenti per le opere infrastrutturali, provenienti dalle risorse europee o da quelle statali: il raddoppio della Andria-Corato era previsto e finanziato molti anni prima della strage, così come lo era l’installazione del Scmt (il sistema elettronico di controllo della marcia del treno) la cui mancanza impedisce di superare i 50 all’ora. Fse (oggi una costola del gruppo Fs) da due anni ha messo mano ai cantieri e sta provando a recuperare: sull’anello di Bari, se va bene, il sistema Scmt sarà attivo a fine 2020. Stessa previsione temporale anche per la linea della strage Andria-Corato, dove sono in corso i lavori di raddoppio del binario, quelli che dovevano già essere pronti entro il 2015.

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