Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria e leader di «Cambiamo», il movimento politico che raccoglie i delusi di Forza Italia, domani (ore 19 in piazza San Francesco) darà il via da Matera al tour che lo porterà nelle principali città italiane.
Presidente non teme di aver scelto il momento sbagliato per «rompere» con Forza Italia?
«Se si vota o meno il problema è soprattutto del Paese. Noi non abbiamo fretta con un obiettivo che è un po’ di lungo periodo per costruire quel pezzo che manca al centrodestra e che dovrà affiancare Lega e Fratelli d’Italia».
Forza Italia no?
«No, oggi non è più attrattiva e in calo continuo. Perde voti anche quando Salvini è in difficoltà. Propone ricette vecchie, con gente logorata e 25 anni di storia-fotocopia sulle spalle. È passata un’epoca e Forza Italia non ha saputo rinnovarsi».
Salvini aveva tutto ed ora rischia di pagare un caro prezzo in termini elettorali. Secondo lei ha sbagliato i tempi della crisi?
«Io ero tra quelli che hanno spinto molto affinché l’alleanza gialloverde finisse. Certo ci sono stati ottimi risultati sulla sicurezza, sulla questione dei migranti, ma il governo era ormai impantanato su temi fondamentali. Penso alla Gronda, alle concessioni per le autostrade, alle grandi infrastrutture, alla Giustizia. Per quanto mi riguarda credo non ci sia nulla da recriminare politicamente. Poi se tutti gli sconfitti alle ultime elezioni, fino al momento gli uni contro gli altri armati, di colpo si mettono insieme... era un’ipotesi surreale difficile da prendere in considerazione. E in ogni caso i governi si fanno per dare risposte al Paese, non per tirare a campare e invece qui siamo davanti al compromesso del compromesso tra due partiti - Pd e M5S - non legittimati dai cittadini».
Sarà in piazza con la Meloni e con Salvini?
«Se ci inviteranno, ci saremo. Spero di vedere tutti insieme qui a Genova al fianco della Liguria per difendere la Gronda e le nostre infrastrutture. Detto questo, mi auguro che Salvini, oggi il più potente leader della coalizione alternativa al governo giallorosso, per primo costruisca intorno alla Lega un movimento che sappia interpretare un’opposizione che non può essere solo quella delle piazze, ma che sia quella del buonsenso, delle proposte serie, del nuovo, del sogno e della nuova frontiera del Paese. Una coalizione in grado di interpretare il malcontento, la delusione, la disillusione che seguiranno la nasciata così rocambolesca del governo».
Il vecchio tridente del centrodestra dunque è morto e sepolto?
«La vecchia alleanza è da costruire tenendo insieme le correnti sovraniste con le culture più classiche del centrodestra. Chiudendosi nel recinto sovranistasta si rischia di fare la fine della Le Pen. Tutto questo rinnovato in termini di programmi, facce e sigle per offrire agli italiani un’alternativa tra il vecchio centrodestra e il nuovo accrocchio di sinistra».
Eppure in Forza Italia sostengono che è il suo «Cambiamo» a nascere già a pezzi...
«Trovo che i partiti morti nel centrodestra siano francamente altri e si siano autocondannati per suicidio dal momento che hanno perso elezioni su elezioni cercando di non cambiare niente».
Toti, secondo lei il governo giallorosso nascerà?
I dubbi che abbiamo tutti sono due: il primo è che si trovi realmente un accordo tra Pd e M5S, il secondo che tale accordo sia utile all’Italia. Non vedo punti in comune tra la cultura socialdemocratica e cattolica dei dem con l’ambientalismo peggio interpretato dei grillini. La tradizione sindacale con il reddito di cittadinanza. Sono agli antipodi.
Entrebbe in un’ipotetica nuova alleanza tra Lega e M5S?
«Nei confronti dei pentastellati ho parlato di «benevolenza critica». Ho guardato così alla nascita del contratto gialloverde vedendo anche i lati positivi a cominciare dal consenso degli elettori, dal taglio netto con la vecchia politica e dalla presenza di una classe dirigente nuova. Dai 5S mi dividono molte cose ma non sono per le barricate, quella le ha fatte il Pd prima che scoppiasse l’attrazione fatale di queste ore. Poi però c’è stata la delusione nel vedere i grillini del tutto incapaci e inadatti ad applicare ricette per certi versi rivoluzionarie. Un’incapacità resa ancora più grave dall’abbraccio mortale con il Pd. Vede, i 5Stelle hanno una classe dirigente che forse è più vicina alla sinistra, ma tra gli elettori hanno pescato un po’ in tutti i partiti, compresa Forza Italia: tutta gente stufa di un sistema politico che da decenni non è in grado di dare risposte al Paese. Per questo adesso Di Maio & C. sono terrorizzati dal verdetto che potrebbe venir fuori dal voto sulla piattaforma Rousseau».
Come mai ha scelto Matera come prima tappa del suo tour attraverso l’Italia?
«È la Capitale della Cultura e i partiti tradizionali si sono sempre disinteressati di cultura e turismo. È emblematico che nella Città dei Sassi non ci sia la ferrovia. Capitale della Cultura, si girano film come il nuovo 007 e non c’è una stazione ferroviaria».
Alle regionali in Puglia nel 2020 «Cambiamo» ci sarà?
«Ci stiamo organizzando. Con Vitali, la De Benedetto e gli altri amici possiamo già contare su una forte spinta al cambiamento, in una regione in cui la Lega è tra i primi partiti, ma le amministrative le vince il Pd. Riconosco ad Emiliano di aver fatto un ottimo lavoro per un «centrosinistra 4.0» divenuto attrattivo anche per chi rappresentava un valore aggiunto per il centodestra, e penso all’amico Massimo Cassano. Noi abbiamo intenzione di dialogare con tutti ed essere altrettanto bravi a mettere in campo un «centrodestra 4.0».