TARANTO - Il Politecnico di Bari concepisce l’idea dei radon-busters. Parafrasando la trama del popolare film Acchiappafantasmi, si delinea la «salvifica» finalità del «Sistema partecipativo attivo per la sensibilizzazione delle comunità al rischio di esposizione» al gas radioattivo, vincitore di un finanziamento comunitario di un milione di euro attraverso il bando Living Labs della Regione Puglia. «L’idea è emersa in seguito alla pubblicazione scientifica di una giovane giapponese sugli effetti della radioattività naturale, nel macro-contesto del disastro di Fukushima» spiega alla «Gazzetta» il professore associato al dipartimento di Ingegneria elettrica e dell’informazione del Politecnico Vincenzo Di Lecce, che è il responsabile scientifico del progetto «Radon». L’ente universitario rappresentato è l’organismo di ricerca e diffusione della conoscenza (Odr) nel raggruppamento che di fatto diventa uno degli oltre cento laboratori generati in questi sette anni dal progetto della Regione Puglia «Living Lab», atto a stimolare l’innovazione sociale, trasferendo ricerca e sviluppo dagli opifici alla vita reale.
Accanto al Politecnico, i partner aziendali del progetto sono: Comes (Taranto) come capofila, Editoria e Comunicazione multimediale (Barletta), Quadrato Divisione Industria di Taranto. Tale gruppo funzionale alla pianificazione guarda all’applicazione scientifica in un sistema di apprendimento condiviso. Il primo rappresentante dell’utenza finale è il Comune di Maruggio, che dista una quarantina di km dal suo capoluogo di provincia jonica, dove recentemente è suonato l’allarme «radon», accertato nelle scuole «Deledda» e «De Carolis», tristemente note per la loro precauzionale chiusura a causa dell’inquinamento delle vicine collinette ecologiche, nate per fare da scudo al rione Tamburi dalle emissioni polverose del Siderurgico. Accanto a Taranto, nella concentrazione del gas pericoloso, secondo gli studi effettuati negli ultimi dieci anni, negli istituti e nelle abitazioni, da Arpa Puglia e Università del Salento, vi è la provincia di Lecce, «particolarmente interessata al fenomeno di tale radiazione naturale». Pertanto, «vi è l’esigenza di mappare i vari territori comunali al fine di evidenziare delle criticità e creare un date base pubblico propedeutico al piano regionale Radon» è scritto nell’azione progettuale.
Il pericolo da individuare e «circoscrivere» è quell’elemento radioattivo naturale incolore, inodore e insapore. Le sue caratteristiche lo rendono praticamente invisibile ai sensi umani. Esso deriva dalla catena di decadimento dell’uranio presente nella crosta terrestre e risale soprattutto nei locali a diretto contatto col suolo e poco areati (cantine, taverne, garage) dove, essendo più pesante dell’aria, tende a concentrarsi. Tuttavia tale gas nobile può raggiungere e saturare anche altri ambienti chiusi che presentano vie di trasmissione come crepe, tubature e canalizzazioni non ben sigillate.
Inspirato in quantitativi in eccesso e per periodi prolungati, il radon può provocare seri danni alla salute, in particolare ai polmoni. Difatti l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo classifica come cancerogeno appartenente al gruppo 1. E l’Istituto Superiore di Sanità ha stimato che in Italia rappresenta la seconda causa di tumore polmonare dopo il fumo di sigaretta e, nei tabagisti esposti al radon, il rischio aumenta di circa venticinque volte. Essendo un elemento naturalmente presente nel sottosuolo non è possibile eliminarlo ma è sicuramente necessario individuare misure in grado di ridurne la concentrazione e mitigarne gli effetti. È tale la finalità del progetto pugliese che costituisce un unicum della ricerca italiana. «L’obiettivo - evidenzia il prof. Di Lecce - è creare un network attivo in grado di sensibilizzare utenti a diversi livelli, dal bambino all’adulto, al rischio derivante dall’esposizione accidentale al radon». Il docente coordina il gruppo di ricerca AeFLab del Politecnico di Bari, che ha avviato il progetto dall’1 febbraio scorso, attraverso un team multidisciplinare di 18 elementi: architetti, designer, matematici, medici e biologi in grado di trattare la problematica «radon» da diversi punti di vista e di offrire una visione utile ad una comunicazione più efficace rivolta alla comunità. La qualifica accademica dell’equipe, prescritta dalla Regione nel suo bando, ha trovato risposta nella maggioritaria quota «rosa».
Attualmente in Italia la normativa sulla nocività regolamenta i limiti di esposizione e le azioni da intraprendere solo in ambienti di lavoro, escludendo l’obbligo di verifica in residenze in ugual misura esposte a tale rischio. «Al di fuori degli esperti di settore - evidenzia Di Lecce - la comunità poco è informata sui rischi derivanti dall’esposizione al Radon, sulle tecniche disponibili per la sua misurazione e sulle azioni attuabili per limitarne l’ammassamento, che può essere presente anche in territori apparentemente privi di giacimenti di uranio». In questo contesto di rilevanza sociale, il progetto «radon» punta a generare un percorso di ricerca, sviluppo tecnologico e fonte di mercato, visto che le pedine del piano si sono riunite in Associazione temporanea di scopo, assumendo l’impegno teso a candidarsi a far parte della rete europea dei Living Labs (ENoLL) entro il termine del progetto.
Come si svilupperà la pianificazione anti-radon? Le idee sono redatte e già divulgate attraverso workshop e focus. Il progetto su questa sorgente di radiocontaminazione ambientale guarda a soluzioni condivise: un sensore innovativo per la rilevazione del radon e la comunicazione in tempo reale delle misure da adottare; prodotti e processi di comunicazione specializzati come un kit per l’esperienza sensoriale da usare nelle scuole; un gioco interattivo, un sito web ed un’App dedicata. «Il progetto - conclude il prof. Di Lecce - si riferisce principalmente all’utenza debole, i bambini in età scolare, che sono gli adulti del futuro. Il nostro gruppo di ricerca, unitamente ad alcune studentesse del corso del Politecnico di Industrial design, ha trasformato l’apprendimento delle regole da applicare in caso di presenza di Radon in un gioco, in realtà virtuale 3D, rendendo attrattiva anche la fase formativa rispetto alla radioattività».