Dal 2013 a oggi Ferrovie Sud-Est ha quasi dimezzato il numero di viaggiatori trasportati sui binari. E per quanto il 2018 abbia fatto segnare una inversione di tendenza (il traffico è salito a 3 milioni di passeggeri, contro il minimo storico di 2,8 del 2017 ed a fronte dei 5,4 milioni registrati nel 2012 e nel 2013) la quota di mercato della principale linea secondaria italiana resta marginale: appena il 3% del traffico ferroviario nell’area barese e l’1,2% nel Salento.
Numeri che fanno riflettere e che si spiegano con lo stato precario dell’infrastruttura ferroviaria (dove la velocità media è inferiore a 25 km orario) su cui il Piano industriale 2019-2023 - recentemente presentato ai sindacati - prevede numerosi interventi, tutti finanziati con fondi pubblici. A partire dal raddoppio della tratta Mungivacca-Noicattaro, con l’interramento tra Triggiano e Capurso, di cui il direttore Renato Botti (che sta per essere nominato ad in sostituzione di Luigi Lenci) ha parlato l’altra sera in un incontro pubblico cui è intervenuto anche l’assessore regionale Gianni Giannini: un investimento da 130 milioni di euro per 32 mesi di lavori, in partenza a giugno, che comporteranno la chiusura della linea per almeno un anno e mezzo.
Sulla linea Bari-Taranto si concentra del resto il 70% della domanda di trasporto, e anche il maggior potenziale di mercato (250mila passeggeri medi al giorno). Anche per questo gli interventi di adeguamento (l’installazione del sistema Scmt e il ripristino dell’elettrificazione, completata tre anni fa e mai attivata per la gioia dei ladri di rame di tutta la Puglia) puntano all’integrazione della Bari-Taranto (e, in prospettiva, anche della dorsale salentina) nella rete ferroviaria nazionale: è la cosiddetta interoperabilità, su cui la Regione spinge da un decennio, che permetterà l’utilizzo dei binari Fse da parte degli altri operatori. Un passaggio cruciale se, come già annunciato a sindacati e Regione, Fse non chiederà la proroga del contratto di servizio (che scade a dicembre 2021). Si andrà dunque a gara, con il più che probabile passaggio della gestione sotto l’ombrello di Trenitalia.
«Non è previsto alcuno spacchettamento dell’azienda e gli aspetti societari non sono al momento oggetto della riflessione - hanno scritto a questo proposito Botti e Lenci in un messaggio ai dipendenti dopo l’articolo in cui la “Gazzetta” ha dato conto dell’intenzione di non chiedere la proroga del contratto di servizio, intenzione che non è stata smentita -. Il futuro di Fse oltre il 2021 (scadenza del contratto di servizio) dipende solo ed esclusivamente da come l’azienda, operatore integrato di mobilità, sarà in grado di competere sul mercato».
A questo proposito, il piano industriale parla anche di numerosi miglioramenti. Alcuni dei quali già operativi. Da quest’anno, per esempio, sui mezzi Fse dovrebbe essere possibile l’acquisto dei biglietti a bordo, mentre è in miglioramento la puntualità dei treni (nel 2018 quelli arrivati entro 5 minuti dall’orario previsto sono stati il 61%, l’obiettivo è l’85%). Sul fronte del trasporto su gomma (10,6 milioni di passeggeri nel 2018) il rinnovo della flotta ha già prodotto effetti: lo scorso anno le cancellazioni di corse sono scese a zero.