Dopo gli scavi nell’antica città di Siponto, si indaga ora anche in mare alla ricerca del porto della città romana adagiata sul golfo adriatico nella versione a.C. quando la linea del golfo era molto più arretrata rispetto a quella attuale.
L’iniziativa del tutto inedita, è dell’Università degli studi di Foggia in collaborazione con quella del Salento e della società Topografica, che utilizzeranno l’unità “Dana”.
Le operazioni sono inziate nelle scorse settimane. Il comandante della Capitaneria di porto di Manfredonia, Capitano di fregata Marco Pepe, ha emanato una ordinanza con la quale è interdetta alla navigazione il tratto di mare indicato con le coordinate geografiche per tutto il tempo nel quale saranno svolte le ricerche archeologiche.
Si è sempre sussurrato negli ambienti marinareschi, di resti di impianti portuali testimoniati dal ripescaggio di qualche anfora o altri reperti riconducibili a resti di manufatti portuali. Ma non si è mai approfondito un discorso di grande interesse storico. Che Siponto fosse dotata di un porto importante, molto attivo, lo dicono le documentazioni storiche avallate da strutture emerse nel corso degli scavi che da tre anni si conducono regolarmente, sia pure per un solo mese, nell’area dell’antica città romana-medievale: un quartiere marittimo con abitazioni e magazzini sia di età romana che medievale, nonché resti di strutture portuali e banchine funzionali al commercio marittimo.
Le scoperte archeologiche a Siponto hanno contribuito a ridefinire e rafforzare l’idea ampiamente accolta, di un porto storico di grande importanza nel Mediterraneo antico. Quello di Siponto era uno scalo endolagunare fondamentale per il trasporto del grano dal Tavoliere, con collegamenti diretti con il Mediterraneo orientale e le coste nordafricane.
Un esempio significativo nel contesto dei traffici antichi, dell’importanza del porto di Siponto come fulcro di un centro integrato di attività economiche, culturali e politiche. E dunque del rilievo primario che i romani attribuivano ai porti, considerati come nodi essenziali per la circolazione delle merci, ma anche delle persone e quindi delle culture.
In questo ambito, lo studio di quanto va emergendo nell’area di Siponto, è ritenuto dagli studiosi particolarmente importante in quanto la città di Siponto rappresenta il compendio di varie epoche, dalla romana alla medievale, e inoltre non è stata abbandonata e dimenticata come avvenuto per altri siti, ma si è estinta progressivamente lasciando ampie tracce di sé.
Il porto dell’antica Siponto perse la sua funzionalità a causa del progressivo impaludamento e di fenomeni naturali.
Le ricerche archeologiche in mare promosse dall’Università degli studi di Foggia in collaborazione con quella del Salento acquistano una importanza fondamentale in quanto potrebbero fornire degli indizi utili a ulteriormente allargare le conoscenze sulla struttura e l’estensione dell’area portuale e dare una connotazione più precisa all’intera area sipontina. Ricerche subacquee non sono mai state organizzate prima. Un filone dell’archeologia molto interessante poco indagato.
Quella di Siponto si conferma un’area di straordinario interesse archeologico e quindi culturale che vanno ben oltre l’area di riferimento eppertanto andrebbe meglio approfondita e studiata. Purtroppo le campagne di scavo si riducono ad un mese all’anno durante il quale si fa quel che si può.
Sarebbe ora che anche questo sito di grande rilevanza archeologica, con reali e concrete prospettive di portare alla luce e dunque all’attenzione del grande pubblico, un’area archeologica di pregio, un continuum peraltro del Museo nazionale archeologico allocato nel castello svevo-angioino di Manfredonia, ricevesse le attenzioni che merita da parte delle autorità preposte ma anche dagli stessi manfredoniani. I progetti non mancano, le risorse umane e scientifiche anche, occorrono i finanziamenti: la Sovrintendenza e i Ministeri di riferimento dovrebbero allargare, magari sollecitati da qualche deputato locale, il rispettivo sguardo anche da questa parte.
















