Sant’Agata di Puglia - Aveva scontato una pena a 15 anni, 2 mesi e venti giorni per l’omicidio dell’architetto Michelangelo Lamonaca avvenuto il 22 luglio del 2000 lungo la strada che da Cerignola conduce a San Ferdinando di Puglia. Questa mattina è stato trovato riverso sul basolato di un vicolo di Sant’Agata di Puglia, suo paese d’origine, morto probabilmente per un infarto. Si tratta di Francesco Cela, 66 anni, odontotecnico ormai in pensione. Il cadavere è stato trovato da alcuni passanti che hanno allertato i carabinieri. Accanto a lui è stata rinvenuta un’ascia che Francesco Cela portava abitualmente durante le passeggiate mattutine tra le campagne e i boschi del piccolo centro sulle colline dei Monti dauni.
I carabinieri hanno sentito i familiari dell’uomo e proceduto ad una perquisizione dell’abitazione e del garage dove è stata trovata, intatta, l’autovettura dell’odontotecnico.
Francesco Cela, come detto, fu coinvolto nell’omicidio dell’architetto Michelangelo Lamonaca di Margherita di Savoia. Il professionista fu ucciso dopo essere stato attirato in un tranello da una telefonata anonima che fissava un appuntamento a Cerignola per un sopralluogo ad un immobile da ristrutturare.
Lamonaca non sapeva però che quella telefonata aveva fissato un appuntamento con la morte più che con un incarico professionale. Probabilmente anche per aver intuito qualche sospetto Lamonaca si fece accompagnare da un amico ma fu freddato da un colpo d’arma da fuoco esploso da una vettura che si era affiancata alla sua per poi perdersi a tutta velocità tra le strade di Cerignola. Per l’architetto di Margherita di Savoia non ci fu nulla da fare. Illeso invece il suo amico che sarebbe stato poi utile nella dinamica dell’inchiesta avviata dalla procura della repubblica di Foggia.
Proprio l’episodio della telefonata allo studio di Lamonaca per fissare l’appuntamento a Cerignola fu decisivo nelle indagini dei carabinieri coordinate dal pubblico ministero della procura foggiana, Rosa Capuozzo. Si riuscì infatti a stabilire che quella telefonata arrivò dallo studio dell’odontotecnico che, qualche giorno dopo, fu arrestato per omicidio premeditato pluriaggravato. Cela confessò l’assassinio, ma si difese sostenendo che quel colpo era partito per caso.
La motivazione alla base dell’omicidio era di carattere sentimentale. Francesco Cela voleva che l’architetto margheritano troncasse una relazione con una professoressa del luogo.
L’odontotecnico Francesco Cela dopo l’arresto chiese di essere giudicato con rito abbreviato. Il processo si concluse con la sentenza di condanna di Cela per il reato di omicidio premeditato pluriaggravato. La sentenza, pronunciata il 9 novembre 2001, venne poi appellata dall'imputato nei termini di legge. Il 9 maggio del 2002 Cela fu rimesso in libertà per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare relativi alla fase del primo grado di giudizio. Poi la sentenza definitiva della Corte di Cassazione a 15 anni. Cela, informato della sentenza, si presentò spontaneamente in carcere ma fu rimandato indietro per questioni burocratiche. Qualche giorno dopo, il 29 giugno del 2005, i carabinieri di Sant’Agata di Puglia bussarono alla sua porta per rendere esecutiva la sentenza della Suprema Corte e trasferirlo in carcere da dove è uscito alcuni anni fa. Gli stessi carabinieri che ieri lo hanno trovato morto su un basolato del suo paese.