BARI - La Corte di Assise di Appello di Bari ha confermato quattro condanne, riducendo lievemente le pene inflitte, nei confronti di altrettanti imputati accusati di riduzione in schiavitù, prostituzione minorile e sequestro di persona ai danni di tre 16enni di nazionalità rumena. I fatti contestati risalgono al periodo tra marzo e settembre 2018 e sarebbero avvenuti in un campo rom alla periferia di Foggia. In primo grado i quattro imputati, due uomini e due donne connazionali delle vittime, erano stati condannati dalla Corte di Assise di Foggia a pene comprese tra i 16 e i 9 anni di reclusione. I giudici dell’appello hanno ridotto le condanne a pene comprese tra i 13 anni e 6 mesi e gli 8 anni e 6 mesi di reclusione.
Tra i reati contestati ci sono anche le lesioni personali aggravate nei confronti di una delle ragazze, picchiata con calci e pugni, mentre era incinta al settimo mese di gravidanza, e che alcuni giorni dopo l’aggressione perse il bambino. Fu allora che la giovane vittima, dopo essere fuggita nel cuore della notte, decise di denunciare, raccontando che era stata costretta a prostituirsi nonostante la gravidanza e che le era stata prospettata anche la possibilità di vendere il suo bambino per la somma di 28 mila euro.
Le ragazze - stando alle indagini della Polizia, coordinate dalla ex pm della Dda di Bari Simona Filoni (attualmente procuratrice minorile a Lecce) - vivevano in baracche chiuse dall’esterno con catene e lucchetti, costrette a prostituirsi per otto ore al giorno in cambio di un pacchetto di sigarette, private di telefoni e documenti e picchiate. Nel processo si è costituita parte civile l’associazione Gens Nova rappresentata dall’avvocato Antonio La Scala.