Giovedì 18 Dicembre 2025 | 18:00

Valutare l’impresa, per crescere oggi non è più una opzione conoscere il proprio valore

Valutare l’impresa, per crescere oggi non è più una opzione conoscere il proprio valore

 
Nicola Didonna

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Nicola Didonna

Valutare l’impresa, per crescere oggi non è più una opzione conoscere il proprio valore

Ogni imprenditore, almeno una volta nella propria vita, si sarà chiesto: ma quanto vale la mia azienda? Un po’ per curiosità e un po’ per voglia di sana autogratificazione

Giovedì 18 Dicembre 2025, 15:58

Ogni imprenditore, almeno una volta nella propria vita, si sarà chiesto: ma quanto vale la mia azienda? Un po’ per curiosità e un po’ per voglia di sana autogratificazione. E soprattutto, vale la pena dedicarci costantemente tutte le mie forze, la mia anima? Che poi, quando vado in banca per un supporto finanziario, mi viene pure negato come se andassi a chiedere la luna nel pozzo! Ma chi me lo fa fare? Oppure più prosaicamente dalle nostre parti: ma ci è adaver?! Eppure, basta pensarci un attimo, la valutazione della propria azienda dovrebbe essere come un check up medico ricorrente per controllare lo stato di salute dell’impresa; se sta creando valore oppure lo sta distruggendo e noi non ce ne accorgiamo nemmeno.

Un momento di sana autocritica; uno sguardo allo specchio. Ma quanti di noi fanno un check up medico almeno una volta l’anno? Pochi, quasi nessuno. Tira a campare, che poi porta pure sfiga! E allora perché meravigliarsi se poi l’imprenditore è altrettanto disattento alla salute della propria azienda? Del resto ognuno è libero di comportarsi come vuole, ma dopo non può lamentarsi. E le delusioni nella vita aziendale vengono quando l’impresa si relaziona con i propri stakeholders esterni: finanziatori e potenziali soci.

Oppure quando l’impresa ha bisogno di una mano per sopravvivere, ma è ormai troppo tardi. In pratica quando cerca supporto finanziario o per andare avanti o per poter crescere aumentando il capitale sociale, eventualmente rivolgendosi anche ai nuovi strumenti del piattaforme di crowdfunding o al mercato ristretto borsistico (EGM).

Non sono opzioni impraticabili per le piccole imprese; sono mercati fatti a loro misura. Però ci si deve approcciare in modo adeguato e soprattutto consapevole. Perché per chiedere danaro, a prestito o come capitale sociale, comunque bisogna far comprendere all’interlocutore che sta facendo un affare.

In finanza non ci sono Onlus; ogni attore deve muoversi per creare valore, per un interesse sano e legittimo. Che poi una corretta valutazione dell’azienda non è una sentenza qualora non soddisfi le nostre aspettative, ma è l’inizio di un percorso virtuoso di miglioramento.

Come quando andiamo dal dietologo e ci trova in sovrappeso e ci mette a dieta consigliandoci un regime alimentare sano. Può rappresentare un momento di presa di coscienza dei punti di forza e di debolezza della propria azienda, un’occasione per iniziare ad impostare gli adeguati assetti amministrativi per condurre meglio e con più consapevolezza la nave-azienda.

Servirà all’imprenditore e tutti gli altri se ne accorgeranno. Un po’ quando ci mettiamo a dieta e gli amici ci dicono «ti trovo meglio». Che poi, alla fine dei conti, questa valutazione di azienda che cosa sarà mai? Mica è un esame con la relativa ansia da prestazione! Si tratta di analizzare criticamente quanto fatto sino ad oggi, i progetti futuri, confrontarli con i rischi del mercato, con le strategie dei concorrenti, con la coerenza dell’organizzazione aziendale e simulare i flussi finanziari previsionali. Ma come, non servono il valore dei macchinari, delle attrezzature, degli opifici? Non servono gli utili di esercizio? No, sembrerà strano, ma ormai le aziende si valutano sulla loro capacità di creare cassa in futuro. La capacità di reddito non sempre è capacità di credito, capacità di creare valore; altrimenti non ci troveremmo a fine mese senza soldi pur facendo utili.

A questo punto se l’imprenditore si è convinto che ne vale la pena resta il problema del come e da chi farsela fare questa benedetta valutazione.

Il consiglio è farla insieme al proprio valutatore di fiducia; auspicabilmente che sia in grado di farla, non è scontato, e soprattutto che sia in empatia con l’impresa. Perché non si tratta di emanare sentenze ma di indicare percorsi di miglioramento raggiungibili, consapevoli e soprattutto condivisi. Sarebbe opportuno anche che l’impresa fosse educata, con una formazione specifica in aula, a comprendere come esce quel valore.

Ecco, questa è la mission che ci siamo dati in FIDIT: creare consapevolezza nelle imprese del proprio valore ed educarle, anche con una breve formazione in aula, tutti insieme, a valutarsi periodicamente per migliorarsi e farlo capire anche agli estranei. È arrivato per le imprese il momento di capire e mostrare che tu si que vales.

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