Ci sono degli argomenti, come quello sulla «Pace», sui quali vale la pena riscriverne, meritano un’attenzione costante, ci sono altri invece, tanti, sui quali è opportuno sorvolare perché risultano farraginosi e spesso servono solo ad alimentare cattiverie, odio. Sarebbe opportuno che in un questo preciso momento storico ciascun cittadino cercasse di essere espressione di gentilezza, di sorrisi, di pace.
A tal proposito, sono da apprezzare le parole scritte giorni fa da Michele Serra su «Robinson», di «Repubblica», e le considerazioni di Vito Mancuso su «La Stampa»: anche se risulta complicato sarebbe vantaggioso impegnarsi per la pace. Ecco sì, deve essere un impegno per tutti noi, portare la pace con un sorriso, un gesto. Troppi sentimenti negativi circolano da troppo tempo con toni accesi, inutilmente polemici, mai critici, i social-media non aiutano, occorrerebbero diplomatici, più persone che sappiano raggiungere e tenere l’equilibrio, che sappiano semplicemente «ragionare»: con le parole e i comportamenti. Potrebbe rappresentare una nuova figura indispensabile in ogni luogo di lavoro, magari anche in casa. Il diplomatico o l’equilibrista.
È evidente che viviamo in un’epoca litigiosa, bellicosa. Non sembrano esserci sforzi se non al momento delle elezioni elettorali, forse, perché anche in tal caso per ottenere il «posto fisso», come fare il politico, (una professione ambita, da conquistare per sguazzare nel mare magnum del benessere, del familismo, del nepotismo, ecc.), si compete, si lotta. Lo scenario è visibile. Ci lamentiamo, ma poi ci ritroviamo a votare le stesse persone, a ritrovare le stesse persone, pur sapendo che le medesime (non tutte, per carità!) non lavorano per gli altri, bensì per sé stessi e per utilità. Lo dimostra l’agire individuale di ciascuno, altrettanto fanno i cittadini, ovvio, agiscono per interessi e per sopravvivere, irosi, infelici. Ma, anziché lamentarsi puntualmente anche noi salentini, pugliesi, ci impegnassimo a cambiare, a migliorare il territorio? Perché non agire affinché qualcosa cambi?
Il Salento è stato depredato: si è scelta una vocazione unicamente turistica e mangereccia, e puntualmente ogni anno si assiste a bolge infinite di disordini, di immondizie, di distruzione, perché diciamolo l’amore è distante: anche amare la propria terra è una vocazione, e non si può far finta di amarla solo quando la si abbandona per necessità. Il «Salento terra d’amare» non può essere solo un brand. Così come non deve diventare uno slogan il turismo da sbandierare che talvolta soprattutto in alcune zone ha il sapore di «rapina», forse perché come affermava Machiavelli, gli uomini sono «uccelli di rapina». Vorrei credere però che non sia così, vorrei credere che ciascuno oltre ad amare sé stesso, ami l’altro, ami il suolo che calpesta. Non pensate che si vivrebbe meglio? Anche senza avere nulla.
Se solo fossimo in pace e riuscissimo a germinare la pace non esisterebbero guerre che solo a pronunciare tale lemma viene il ribrezzo. Perché queste forme di autoritarismo? Perché ci sono leaders così belligeranti? Perché non conoscono pace. Dimostrano di essere forti e probabilmente qualcuno lo sarà, ma solo perché possiede armi, non perché lo sia davvero. Fino a oggi non si sono ascoltate parole di pace, conciliative, per nessuno e in nessun Paese. Si è assistito a punizioni, toni inquisitori, minacce, insomma come si operava un tempo quando si volevano spaventare i bambini e riportarli nella «giusta» direzione: «adesso arriva il lupo! Se non fai il bravo chiamo il lupo cattivo». Gli adulti si son lasciati condizionare dalla favola di «Cappuccetto Rosso»; ma poi questo lupo qualcuno lo ha mai visto?
I lupi siamo noi esseri umani, pronti a sbranarci l’un l’altro se la coperta si accorcia e ad acquietarci alla vista del denaro. Malgrado questo strumento vitale, la quiete, la pace non arrivano, pur essendo i più ricchi del mondo, se il proprio animo è divorato dall’odio e dall’annientamento dell’altro, non ci potrà essere pace. L’odio, il risentimento non costruiscono. Ed è per questo che sogno un mondo di pace, una pace universale, quella proposta da Kant, dagli illuministi, e prima ancora dal Sommo vate.
Sogno la pace e credo che dovrebbero esserci insegnamenti di pace, dai quali nessuno è esente, credo che sarebbe necessario issare lenzuola bianche in ogni spazio cementificato con su scritto a chiare lettere: «Pace», senza alcuna bandiera, senza il nome di un popolo e che per una volta il «cemento» sia elemento di unione e non di divisione. La pace dovrebbe appartenere a tutti, perché i popoli, come i figli, non devono patire le scelte dei loro padri, ma possono - attenzione - dimostrare di essere responsabili e decidere di cambiare a un certo punto del tragitto, il percorso delle loro esistenze, delle esistenze degli altri. Se quello «spazio» raffigurasse il «tra» che lega, che dialoga, che comprende.
E che pace sia. Ovunque. Senza bisogno di usare le armi, (che molti ormai sembra posseggano come se fossero un vanto). I cittadini del Sud, del Nord, di Gaza, della Terra, hanno bisogno di luce. Di buon senso. Di responsabilità.