Giovedì 25 Settembre 2025 | 20:28

Irrilevante o protagonista? L'Europa di fronte al grande bivio della storia

 
Biagio Marzo

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Biagio Marzo

Irrilevante o protagonista? L'Europa di fronte al grande bivio della storia

«Siamo su un crinale come nel 1914», ha avvertito Sergio Mattarella. Dalla Polonia all’Ucraina, fino a Israele, i conflitti si moltiplicano e l’Europa resta divisa: il rischio è che la storia torni a ripetersi. «Un fantasma si aggira per l’Europa»: la guerra

Giovedì 25 Settembre 2025, 13:00

«Siamo su un crinale come nel 1914», ha avvertito Sergio Mattarella. Dalla Polonia all’Ucraina, fino a Israele, i conflitti si moltiplicano e l’Europa resta divisa: il rischio è che la storia torni a ripetersi. «Un fantasma si aggira per l’Europa»: la guerra.

Non sempre ce ne rendiamo conto, ma oggi si combatte una «guerra ibrida», nuova e insidiosa perché si sviluppa su più livelli. La Polonia è stata colpita da droni e missili russi: un fatto senza precedenti per un Paese partner della Nato. Varsavia ha risposto con lo schieramento di 40 mila soldati ai confini con Bielorussia e Russia. La Nato è stata spiazzata, ma non può permettere che simili episodi si ripetano: servono maggiori investimenti nella difesa. Vale anche per l’Italia, dove il dibattito politico resta diviso. L’opposizione, come emerso nel voto al Senato, si è espressa contro l’aumento delle spese militari. Elly Schlein ha potuto cantare vittoria per l’unità del «campo largo» in vista delle elezioni regionali, ma una coalizione così divisa in politica estera rischierebbe, alle politiche, di vincere senza riuscire a governare. Lo ha capito bene Giuseppe Conte, che richiama spesso il fallimento dell’Unione di Prodi: «Governo da Natale a Santo Stefano».

L’azione di Mosca è apparsa come un ballon d’essai, un test per misurare la reazione occidentale. L’Unione Europea ha risposto con fermezza, al contrario di Donald Trump, la cui dichiarazione è sembrata sorprendentemente soft e, per usare un eufemismo, non all’altezza della gravità del caso.

Il mondo è scosso da due guerre principali: l’aggressione russa all’Ucraina e il conflitto in Medio Oriente, dove Israele combatte contro Hamas. Sullo scacchiere globale, però, si contano ben 56 focolai di guerra. Dopo la fine della guerra fredda e la cancellazione del patto di Yalta, quando si parlava di «fine della storia» e di pace duratura, lo scenario internazionale si è invece destabilizzato. Putin e Trump appaiono come due facce della stessa medaglia. Il leader del Cremlino, dopo l’incontro in Alaska con Trump e la riunione della Shanghai Cooperation Organisation (SCO), si è sentito legittimato e rafforzato, fino a spingersi a colpire la Polonia. Trump, invece, vive in una condizione contraddittoria: da un lato ha ottenuto il consenso degli alleati Nato pronti a destinare fino al 5% delle proprie risorse agli armamenti e ad aumentare i dazi europei come da sue richieste; dall’altro continua a punzecchiare l’Europa e a mantenere una linea ambigua sull’Ucraina, quasi come se avesse un complesso di inferiorità nei confronti di Putin. C’è chi sospetta che abbia barattato con Mosca l’Ucraina in cambio di Israele: ipotesi difficile da credere, ma - come ricordava il «Divo Giulio» - pensare male spesso ci azzecca.

Emblematico il caso dei dazi: Trump ha proposto di portarli al 100% contro Cina e India perché comprano petrolio dalla Russia, chiedendo all’Europa di muoversi per prima. Eppure era stato eletto promettendo che con lui alla Casa Bianca i conflitti sarebbero stati evitati o risolti «dalla sera alla mattina». A occhio e croce, però, Trump blatera mentre Putin fa sul serio. In Europa, d’altronde, è difficile mantenere una linea unitaria contro Mosca: lo dimostra la crisi politica in Francia e la crescita dei filorussi nel continente. In Italia, nella maggioranza di governo, Meloni e Tajani restano occidentali e atlantisti, mentre Salvini e il suo braccio destro Vannacci non nascondono simpatie per la Russia. Vannacci è un putiniano dichiarato, e Salvini - nel tentativo di rilanciare la Lega - si affida a lui senza rendersi conto che l’ex generale sta usando il partito come trampolino personale. Sempre più il mondo sembra spaccarsi in due blocchi: da un lato quello liberal-democratico, in affanno; dall’altro quello autocratico, guidato da Xi Jinping e Putin, con posture aggressive. Nell’opposizione italiana, M5S e Avs mantengono posizioni ambigue o favorevoli a Mosca, mentre nel Partito democratico convivono riformisti nettamente anti-russi e correnti più sfumate. Le due guerre hanno dinamiche diverse: in Ucraina è in corso un conflitto convenzionale tra eserciti regolari; in Medio Oriente Israele affronta un nemico sfuggente, Hamas, che colpisce e si ritira secondo schemi da guerriglia. Sembra quasi che abbia studiato le tattiche del generale Giáp e dei Vietcong: colpire, disperdersi, logorare l’avversario.

Resta difficile decifrare le reali intenzioni di Putin. Non può trattarsi soltanto di conquista territoriale, visto che la Russia è già il Paese più esteso del mondo. L’obiettivo sembra piuttosto riaffermare la dimensione imperiale di Mosca, riportare l’Ucraina nella sua sfera d’influenza e dividere l’Occidente. Diversa la logica della guerra di Israele contro Hamas. Il 7 ottobre 2023 ha mostrato la brutalità del movimento palestinese, sostenuto da reti di complicità soprattutto in Qatar, dove aveva una delle sue basi operative. Errori di intelligence del Mossad hanno contribuito che l’attacco non ha avuto il successo sperato. Intanto cresce la proposta internazionale di riconoscere lo Stato palestinese, ipotesi che fa infuriare Netanyahu e la sua coalizione. Il Likud, fondato nel 1973 da Menachem Begin e portato alla storica vittoria del 1977, non si sarebbe mai alleato in passato con i fondamentalisti religiosi e i coloni estremisti. Oggi, invece, Netanyahu è sotto ricatto di questi piccoli partiti, indispensabili per mantenere la maggioranza e sfuggire ai processi per corruzione. La sua linea dura ha favorito l’espansione dei coloni armati in Cisgiordania, con l’appoggio delle Forze di difesa israeliane. Il problema centrale per Netanyahu resta l’Autorità Nazionale Palestinese, che durante la guerra contro Hamas ha scelto la neutralità, pur avendo subito negli anni persecuzioni e omicidi da parte del movimento islamista. Una neutralità che rischia di indebolire ulteriormente Israele sul piano internazionale. Va da sé che la pace delle due guerre sta nelle mani di Putin e di Netanyahu e di altri protagonisti.

In conclusione, mentre la Russia sfida l’ordine globale e Israele resta intrappolato in un conflitto senza fine, l’Europa non può restare spettatrice: deve scegliere se restare divisa e irrilevante, o unirsi per difendere i propri valori e il proprio futuro.

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