Diciamo la verità: ci piace, ci piace. Ci piace vedere a Ferragosto le città di Puglia piene come la vigilia di Natale. Ci piace nel periodo sacramentale delle ferie nazionali vedere queste città non più come deserti e cammelli nel vapore. Ci piace non sentirci più soli come disperati e chi si voleva dare un (poco convinto) tono si vantava di avere finalmente tutto per sé. Ci piace non pubblicare più sul giornale le foto delle strade deserte che neanche il Covid.
Ci piacciono le nostre città affollate di turisti, e quasi tutti i negozi aperti, e non dover fare la spesa per riempire il frigorifero se no cosa mangiamo, neanche una pizza troviamo. Ci piace il grande turismo, il turismo di massa anche da noi, oggi si dice overtourism. Ci piace anche se fa aumentare i prezzi, trasforma tutto in b&b, non ci fa trovare più un bilocale in fitto, ci fa fare la coda anche dal gelataio. Ci piace anche se ci fa trovare questi turisti sempre fra i piedi, ricordi quando non ne vedevi uno neanche a pagamento?
In psicanalisi si parla di verifica dell’inverso: prima di lamentarti, vedi appunto ciò che eravamo, anzi non eravamo. Come sia avvenuto, si sa. I voli diretti da Bari e Brindisi, e ora anche Foggia, con mezza Europa, e New York pure, e la Russia prima delle putinate. Uno sta a casa sua in Polonia, o in Spagna, o in Francia, vuole farsi qualche giorno da qualche parte, prende un aereo e in un paio d’ore è in Puglia.
Di Puglia ha letto in qualche romanzo, ne ha visto in qualche film o fiction, chi ci è stato ha raccontato che minimo vi si mangia da dio, poi i prezzi allora più bassi che altrove. E le crociere. Poi, sai, trovi aperto fino alla notte, altro che freddi nordici che più che starti a casa non puoi. E la movida, la movida.
Insomma c’era tutto perché nascesse una nuova meta, come ora si parla di Albania, e di Tunisia, e di sempiterna Grecia. Il turismo è come l’oggetto a un euro che i supermercati piazzano appena all’ingresso: lo prendi d’impulso. Il turismo è moda (e marketing). Il turismo è psicologia. Il turismo è suggestione. E quando la meta comincia ad andare, è un «c’ero anch’io», devi andarci come ora devi avere a tutti i costi un Labubu, il pupazzetto cinese a conferma di quanto siamo rimbambiti tutti.
E così le cifre schizzano: in dieci anni a Bari il 125,1 per cento di presenze in più, a Lecce (che pur ne aveva di suo) il 93,8 di crescita. E un pari aumento anche del valore aggiunto, quanto rende all’economia: Bari prima in Italia per incremento, Lecce quarta. E turismo urbano, non quello tradizionale di mare: laddove Vieste e il Gargano continuano a doppiare il più pubblicizzato (e tarantato) Salento.
Un «travolti da improvviso successo» alla Wertmüller che può consentirsi il lusso (e la necessità) di primi bilanci. Lasciamo stare chi continua a dire che il turismo di massa (si dice overtourism) arricchisce solo alberghi, b&b, ristoranti, trasporti, guide e toglie il respiro agli altri. Lasciamo stare il turismo del lusso che si è subito attrezzato tanto da accogliere in Puglia il G7 e la Meloni anche.
Ma cosa è migliorato nel resto rispetto a dieci anni fa? La legge economica dell’utilità marginale decrescente non lascia margini: devi alzare sempre il tiro perché sia efficace. Insomma non puoi cullarti senza aggiungere.
Ma allora non si sono aggiunti i treni quanto necessario. Allora circolare fra borghi del Salento è ancora un piacere che puoi consentirti solo se hai un’auto. Allora avere uno stile nel servizio (non fosse altro che una divisa sociale) è ancora una scommessa. Allora parlare inglese è ancora una rarità. Allora non far pagare la mitica (e innocente) frisella come in gioielleria è ancora una pretesa assurda per chi ritiene di dover solo cogliere il momento. Allora frequentare una spiaggia non deve somigliare ancora a prenotare un cinque stelle. Allora sentirsi rispondere (e gentilmente) al telefono non deve essere ancora una «varie&eventuali». Allora non deve essere ancora una speranza avere guide che non ti riempiano di date e nomi a macchinetta invece di descriverti lo spirito del luogo.
Allora non imbrattare questi luoghi non deve essere ancora un sogno come non sentire ogni giorno una idiozia di Trump. Allora non si deve ancora parlare di destagionalizzazione chiudendo tutto ad ottobre come in una quarantena. Allora non deve persistere la sensazione (che persiste) che tutta l’offerta debba risolversi in selfie e calamite. Allora non deve incombere il dubbio atroce che parlando di necessaria visione per il futuro ci si riferisca solo a una madonnina in lacrime.
C’è stato un momento in cui a San Giovanni Rotondo si è costruito anche sulla sabbia attendendosi sei milioni di fedeli all’anno per padre Pio. Non ci sono stati né i sei milioni né le prenotazioni. Causa gravità, cadere da troppo in alto non dovrebbe essere il massimo del piacere. Il turismo di Puglia rischia di essere lì lì.