Mercoledì 22 Ottobre 2025 | 13:31

«Due popoli, due Stati», uno slogan beffa: ora sanzioni per Israele

«Due popoli, due Stati», uno slogan beffa: ora sanzioni per Israele

 
Bruno Vespa

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Bruno Vespa

«Due popoli, due Stati», uno slogan beffa: ora sanzioni per Israele

Lo slogan «due popoli, due Stati» al quale noi occidentali ci siamo da tempo affezionati suona ormai come una beffa inaccettabile.

Sabato 23 Agosto 2025, 12:00

Il 27 novembre 1947 Giancarlo Pajetta, alla testa di una folla di militanti comunisti e di partigiani, occupò la prefettura di Milano per protestare contro la sostituzione del prefetto Ettore Troilo, un avvocato che aveva fatto la Resistenza ed era stato nominato dal Cln nel ‘45. Pajetta chiamò Togliatti per dargli la notizia. Il segretario del Pci gli rispose: «E adesso che te ne fai?».

Lo stesso discorso, purtroppo, può farsi a proposito del riconoscimento dello Stato di Palestina. Una premessa. Genocidio è lo sterminio di un popolo per ragioni etniche, razziali, religiose. Genocidio fu quello degli ebrei da parte nazista. E lo è stato per mano turca (anche se la Turchia non lo riconosce) quello del popolo armeno tra il 1915 e il 1923 (tre milioni di morti). La repressione in corso a Gaza è un mostruoso massacro compiuto dall’esercito israeliano che agisce contro la popolazione civile – come ha detto Mattarella - con la volontà di uccidere. Ma il riconoscimento dello Stato palestinese non cambierebbe di un millimetro le cose. La premessa per l’esistenza di uno stato è la certezza dei confini e il controllo del territorio. Quali sono oggi i confini della Palestina? Nel 1948 l’Onu stabilì una ragionevole divisione. Il 56% del territorio fu assegnato agli israeliani e il resto ai palestinesi. Gerusalemme andò sotto il controllo internazionale. Stati Uniti e Unione sovietica riconobbero immediatamente la ripartizione. Gli Stati arabi no (si dice che non fossero pronti) e dichiararono guerra a Israele che la vinse e si allargò.

Seguirono decenni di conflitti di accordi violati , nonostante nel 1993, l’Autorità palestinese guidata da Arafat avesse riconosciuto lo stato di Israele e Israele l’Anp (il Primo ministro israeliano Rabin fu ucciso da un ebreo estremista proprio per questo). Nel 2007 Israele consegnò Gaza ai palestinesi. Hamas vinse (di poco) le elezioni interne e nella brevissima guerra civile che ne nacque, molti esponenti dell’Autorità Nazionale palestinese – la componente moderata della resistenza - furono gettati dal terrazzo di alcuni palazzi. Sappiamo com’è andata a finire.

Invece di investire i miliardi del Qatar in iniziative per il benessere della popolazione, Hamas ha comprato armi e costruito bunker con l’obiettivo di distruggere Israele. Quelli compiuti il 7 ottobre sono crimini orrendi compiuti per determinare una violenta reazione israeliana che avrebbe dovuto provocare una chiamata generale alle armi contro Israele da parte del mondo arabo. Abbiamo visto invece che il mondo arabo odia Hamas quanto Israele e che eliminando l’organizzazione (se e quando ci riuscirà) Israele avrà fatto il lavoro sporco sia per gli arabi che per gli occidentali.

La reazione israeliana si è dimostrata tuttavia col tempo del tutto sovradimensionata. Netanyahu sta buttando ogni giorno via il bambino con l’acqua sporca.

Cinicamente, si può capire l’abbattimento di un edificio per uccidere il capo dei terroristi, non il massacro quotidiano di decine di persone per ammazzare supposti militanti di Hamas. La nuova occupazione di Gaza – fatta con la copertura politica degli Stati Uniti – rischia di provocare una ecatombe. Ma politicamente quello che sta accadendo in questi giorni è ancora più grave. La divisione in due della Cisgiordania è stata avviata esplicitamente per impedire la nascita dello Stato palestinese. Quello che un giorno si sarebbe dovuto davvero riconoscere.

Lo slogan «due popoli, due Stati» al quale noi occidentali ci siamo da tempo affezionati suona ormai come una beffa inaccettabile. Il diritto internazionale viene fatto a pezzi e ormai contano a poco le censure europee e italiane. Non concedere doverosamente al popolo palestinese uno Stato significa far esplodere di nuovo il terrorismo in tutto l’Occidente. È arrivato forse il momento - e lo dico con profondo dolore per l’amore che provo verso Israele e la sofferenza per le ingiustizie che ha dovuto subire nella storia – di punire con pesanti sanzioni un governo che ormai riconosce solo il linguaggio della forza.

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