Cronaca di una non candidatura annunciata ma che non tarderà, in un senso o nell’altro, a essere comunicata al popolo pugliese in trepida attesa. Salvo imprevisti, il candidato alla presidenza della Regione Puglia è ormai nell’aria.
Quale migliore occasione della visita della segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, alla Festa dell’Unità di Bisceglie (5–7 settembre)? Antonio Decaro, «il prescelto», forte delle 500mila preferenze ottenute alle elezioni europee, è l’unico candidato che, se accettasse di correre, avrebbe non solo un consenso, ma un exploit quasi unanime. A chi lo dava lontano dai cogenti interessi politici pugliesi, Decaro è apparso più che mai «Vicino» — titolo del suo libro —, portato in giro borgo dopo borgo. Tomo tomo, cacchio cacchio, per dirla con Totò, ha fatto politica senza clamore, mentre a Taranto infuriava il caso ex Ilva.
Sul fronte siderurgico, la «strana coppia» Urso–Emiliano ha creato sorpresa e sconcerto. Come nel film Tutti a casa, con la celebre battuta del capitano Innocenzi: «I tedeschi si sono alleati con gli americani». Un’inedita convergenza tra il ministro del Mimit e il governatore pugliese, entrambi schierati a difesa della transizione verso i forni elettrici e dell’abbandono graduale dell’area a caldo.
Una posizione inattesa, che ha spiazzato parte dell’opinione pubblica e del mondo democratico, segnando una torsione imprevista. Emiliano si è messo di buzzo buono — e non poteva smentirsi, visto il suo carattere coriaceo — battendosi per la decarbonizzazione, anche contro alcune frange ambientaliste, per opportunismo o per convinzione. Il suo pallino fisso anti CO2 si è tradotto in una battaglia concreta, mentre all’interno del partito i parlamentari scrivevano, senza cognizione di causa, di chiudere l’area a caldo come se fosse un bottone da premere.
Poiché il diavolo è nei dettagli, la decarbonizzazione non è tutto: mancano i dettagli: scelte chiare su forni elettrici, polo DRI, rigassificatore e dissalatore. Passando dal mar Ionio a quello Adriatico. Qui si innesta la prospettiva di Decaro: non in rottura con Emiliano, ma distinta e autonoma. L’ex sindaco di Bari dovrebbe raccogliere il testimone della stagione emilianea senza rinnegarla, anzi valorizzandone i risultati, ma puntando a superarne i limiti.
La sua eventuale candidatura guarda a una discontinuità — anche nella rappresentanza elettiva regionale — capace di prendere il meglio dell’esperienza passata, evitando però il continuismo di potere che rischia di essere percepito come stanchezza e autoreferenzialità.
Quanto a Michele Emiliano, la sua traiettoria politica appare ormai proiettata verso il Parlamento, pur accompagnata da una candidatura al Consiglio regionale definita dallo stesso come «un passo di lato»: non in prima linea, ma funzionale a mantenere un ruolo di influenza nella fase successiva. In effetti non può passare come una sorta di «sinecura», essendo votato alla politica e al comando. La scena pugliese si chiarisce dunque nei suoi protagonisti: Emiliano, pronto a lasciare il timone senza rinunciare al potere politico ed elettorale; Decaro, candidato in pectore alla presidenza, non vuole avere il fiato sul collo di chicchessia; e la Schlein, chiamata a sbrogliare la matassa della candidatura alla Festa dell’Unità di Bisceglie.
La sua ascesa al Nazareno è stata segnata dallo scontro con i «cacicchi» e i «capibastone». Ora, di fronte alla diatriba pugliese, dovrà misurarsi con la responsabilità di tenere insieme il partito, evitando che la Puglia diventi il terreno di nuove divisioni.
Intanto, un giro di valzer c’è già stato: Emiliano e Decaro si erano schierati contro l’elezione della segreteria Schlein, ma sulla questione ex Ilva è «scoppiato l’amore politico» tra la segretaria e il governatore. Mai dire mai. Comunque sia, il problema tra il governatore e il presidente della commissione Ambiente a Strasburgo è politico e non si risolve, come qualcuno scrive, moralmente nell’ambito della gratitudine, né ingenuamente preparando un incontro, una specie di Teano tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II. La verità politica, però, va oltre la siderurgia. La sfida per Decaro non è solo amministrare un’eredità complessa, ma guidare la Puglia in una fase di trasformazione epocale. Qui sta il cambio di paradigma: la Regione come laboratorio di innovazione civile, capace di unire sviluppo economico e qualità della vita. È questo il terreno, prettamente riformista, su cui si misurerà la nuova leadership: non più soltanto il peso delle contraddizioni industriali, ma la capacità di costruire una Puglia protagonista, europea e moderna, all’altezza delle sfide globali. Qualora Decaro volesse essere candidato sull’onda del rinnovamento nella continuità, e non viceversa, e se Schlein non scioglierà il nodo — anzi, il lodo — Emiliano–, senza trovare una vera exit strategy, per lei sarà una sonora sconfitta, cadendo nella «morta gora» del gattopardismo. Tanto più che, intanto, in molti bussano già alla porta del Nazareno chiedendo il congresso nazionale.