Otto. Il palindromo, che per un verso o per l’altro non cambia mai. Otto, come i voti usciti miracolosamente dalle sezioni elettorali 18, 21, 23, 26 e 54, a Giugliano, Campania, come una volta la schedina del Totocalcio: 1,1,2,1,2. Un palindromo, come 45,54%, la percentuale dei votanti, sempre a Giugliano, che si sono recati alle urne domenica e lunedì scorso, come da noi qui in Puglia. Meno di un elettore su due, nella città non capoluogo più grande e popolosa d’Italia e d’Europa.
Sciolta il 31 marzo per dimissioni della maggioranza dei consiglieri comunali, tutti di centrosinistra, molti di loro indagati dalla magistratura. Giugliano, dove ha rivinto la stessa maggioranza, quella che ha governato negli ultimi dodici anni e da sette mesi tiene chiusa la via principale, Corso Campano, lasciando «in agonia» i commercianti. Che però non hanno cambiato il proprio voto, tanto meno hanno deciso di andare alle urne. Un po’ come se all’improvviso, dalla sera alla mattina, il nostro Corso Vittorio Emanuele a Bari o via Duomo a Taranto fossero serrate a qualsiasi passaggio, sine die. E nessuno dice niente.
Ma non importa. Perché siano otto, ottanta o ottocento i voti a Giugliano, così a manca come a dritta, non cambiano i protagonisti. Sempre gli stessi voti, sempre alle stesse persone. Di qua e di là.
E si sapeva. «Francesco, tu per me sei come Mammettiello» dicevamo con Francesco Carlea, caro amico giuglianese. L’usciere di banca della barzelletta che conosce Putin, Trump, Leone XIV e il suo direttore sviene quando il cinese riconosce solo lui e non il Santo Padre all’Angelus domenicale. «Puoi avere pure dieci, quindici voti ma tutti ti conoscono ormai a Giugliano!». Ti conoscono, ti apprezzano e ti seguono.
Come le migliaia e migliaia, ben oltre trentasettemila, che vedono le tue interviste sui principali canali social, locali e nazionali, televisioni, radio e giornali. E ti dimostrano affetto. Come Maria Grazia, che ti scrive su Messenger: «Signor Francesco ho ascoltato la vostra intervista, spero in una vittoria del centrodestra, Giugliano ha bisogno di un tempo nuovo spero vivamente che tutti lavorino bene senza litigare per un futuro alla nostra città Dio vi benedica grandemente». Sic. O come Anna, un altro palindromo, giovane cassiera dagli occhi chiari al Belle Epoque. Si interessa al santino che lasci vicino alle caramelle, lo tiene tra le mani, lo scruta incuriosita per poi rimetterlo al posto suo.
Dove deve stare. Belle Epoque, Chalet, Harem dei Sapori, tutti così, o quasi, i nomi a Giugliano.
Suggestivi, evocativi di altre realtà, lontane da qui, trasferite in questa città grande che non vuole diventare una grande città. A destra, come a sinistra. Dove ti conoscono, ti apprezzano e ti seguono.
Ma non ti votano.
Perché così è Giugliano in Campania. Solo presa dai suoi rituali, dalle sue cerimonie, piccole e grandi gelosie, falsità e ipocrisie tra rivali e compagni di partito. Sempre le stesse, che non cambiano mai, da anni. In un verso e nell’altro. Dove non si vota il progetto, la persona, ma la relazione: la sorellastra, lo zio, il cugino. Soreta, fratete, mammete. E tu, che fai parte della società civile, che hanno voluto coinvolgere come capolista, li osservi affascinato e un po’ amareggiato. Perché sai che, così, sempre rimarranno «a i l a t i d’I t a l i a». Non solo un palindromo. Purtroppo.