La scelta del nuovo Pontefice di chiamarsi Leone XIV richiama con forza la memoria storica di una figura centrale nella modernizzazione della Chiesa: Leone XIII. È impossibile non cogliere il valore simbolico e programmatico di questo nome, che evoca insieme fermezza e lungimiranza, tradizione e coraggio. Un nome che, non a caso, si lega a momenti di svolta nella storia dell’umanità.
Nel 1891, con l’enciclica Rerum Novarum, Leone XIII affrontava uno dei nodi cruciali del suo tempo: la questione sociale scaturita dalla rivoluzione industriale. In un mondo trasformato dalle macchine, con nuove forme di povertà e sfruttamento, la Chiesa prendeva posizione: il lavoro non era una merce, l’operaio non era un ingranaggio, ma una persona. E la società tutta era chiamata a costruire un equilibrio nuovo, fondato sulla dignità e sulla giustizia.
Oggi, nel 2025, al nuovo Papa guardiamo con gioia e fiducia e rimettiamo le nostre speranze: come guida spirituale, certo, ma anche come coscienza vigile del nostro tempo, capace di parlare al mondo con parole che accendono responsabilità collettive.
Come alla fine del XIX secolo, siamo immersi in un’altra grande trasformazione: quella dell’intelligenza artificiale, dei big data, dell’automazione avanzata. Ma anche della doppia transizione. Tecnologie che promettono efficienza e progresso, tutela dell’ambiente, ma che, se non governate, rischiano di acuire le fratture sociali.
La questione occupazionale torna prepotentemente al centro del dibattito: milioni di lavoratori rischiano di essere espulsi da settori in via di automazione, e le disuguaglianze sembrano destinate ad allargarsi. È qui che al fianco della Chiesa si impone con urgenza il ruolo della politica e delle istituzioni, a tutti i livelli: dai governi nazionali alle amministrazioni locali, dalle camere di commercio ai centri di ricerca.
Abbiamo il dovere morale e civile di operare per scongiurare questa eventualità, con politiche formative, incentivi all’innovazione responsabile, investimenti nella transizione occupazionale e nella protezione sociale.
Come presidente della Camera di Commercio di Bari, avverto profondamente questa responsabilità. Le imprese del nostro territorio stanno affrontando sfide complesse, ma mostrano anche una straordinaria capacità di adattamento e visione. Tocca a noi creare le condizioni affinché questi tempi nuovi scanditi dall’intelligenza artificiale siano prodighi di opportunità di crescita, e non si trasformino in una nuova fonte di esclusione.
I cambiamenti epocali in corso richiedono visione, etica e impegno concreto. Una pace sociale, oltre che universale. E dunque una cultura del lavoro in cui la centralità della persona torni ad essere criterio e misura di ogni scelta. Per una transizione giusta, umana, sostenibile.