Domenica 07 Settembre 2025 | 00:04

Le voci dei palazzi romani che intralciano il cammino della premier

 
Mimmo Mazza

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Mimmo Mazza

Le voci dei palazzi romani che intralciano il cammino della premier

L’assenza di uscite pubbliche, di veri e propri bagni di folla, sta segnando, in maniera inusuale, la distanza tra Meloni e il paese reale

Giovedì 20 Marzo 2025, 12:00

«Voglio ribadire come Lega la piena fiducia nel premier Meloni, in Senato e alla Camera le forze di centrodestra hanno approvato e approveranno in maniera compatta una sola risoluzione». Le parole pronunciate da Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, intervenendo in dichiarazione di voto, dopo le comunicazioni della presidente del Consiglio hanno contribuito a spazzare via il chiacchiericcio che da giorni agita i Palazzi romani. Ma chissà se sarà sufficiente un voto parlamentare per interrompere un disegno politico in grado di cambiare profondamente gli equilibri generati dalle elezioni politiche del 2022.

Se è vero che si tornerà a votare non prima del marzo 2027, ovvero al passaggio dei 4 anni, 6 mesi e un giorno necessari per garantire il vitalizio agli attuali deputati e senatori, è vero anche che da quel momento ogni giorno sarà buono per puntare alle urne, specie se a Palazzo Chigi non ci sarà più Giorgia Meloni ma il rappresentante di un governo dei responsabili, ispirato da Matteo Salvini e Giuseppe Conte (i rapporti tra i due, a parte le schermaglie pubbliche, sarebbero ritornati buoni) e benedetto da Marina Berlusconi, con sullo sfondo Mario Draghi, pronto a correre per il Quirinale nel 2029.

Abituata ormai a vedere complotti ovunque, la premier - ci raccontano - passa il suo tempo rintanata nel suo ufficio, protetta dall’inseparabile potentissima segretaria Patrizia Scurti e dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, oppure all’estero dove trova un clima decisamente migliore rispetto a quello che respira a Roma.

L’assenza di uscite pubbliche, di veri e propri bagni di folla, sta segnando, in maniera inusuale, la distanza tra Meloni e il paese reale. Chi le chiede un cambio di passo nei rapporti con il territorio, a iniziare dalla scelta dei candidati per le prossime elezioni amministrative e regionali, finora è stato respinto ma è evidente che Meloni e Fratelli d’Italia non possono permettersi passaggi a vuoto in test che coinvolgono pezzi importanti del Paese.

Bisognerà aspettare la Consulta per sciogliere il nodo del terzo mandato ai governatori ma qualunque sarà l’esito, è evidente che in Campania e Puglia il centrodestra parte svantaggiato, non avendo preparato per tempo candidature alternative ai sistemi di potere di De Luca e Emiliano, entrambi pronti peraltro a tentare il tris se la Corte Costituzionale lo permetterà o comunque determinati a giocare un ruolo di primissimo piano nella scelta degli aspiranti successori. Perdere sia Campania che Puglia è un prezzo che il centrodestra non può permettersi ma è una valutazione che al momento non fa breccia a Palazzo Chigi perché viene tutto scaricato sulle articolazioni territoriali dei partiti, con esiti spesso disastrosi. Accanto al dirigente di partito serio e capace, spesso spunta il parlamentare peones, attento più a evitare di far crescere qualcuno in grado di fargli ombra e mettere così a repentaglio le settimane romane, e così i candidati vengono scelti praticamente a perdere. Per carità, Giorgia Meloni è una e non può certo badare a tutto ma la leadership è forte se si esercita, i fuoriclasse - e comunque la si pensi la premier lo è - devono scendere in campo per dimostrare forza e potere.

I Palazzi romani ribollono e guardano con attenzione ai dati economici, gli unici in grado di imprimere quella svolta che molti silenziosamente auspicano, restando coperti. I numeri dell’occupazione sono i migliori da molti anni a questa parte ma le molte vertenze aperte, come quelle dell’ex Ilva, tenute in piedi con gli ammortizzatori sociali per evitare licenziamenti, stanno arrivando al capolinea e il rischio di una ondata di tagli è concreto, una ondata capace di travolgere tutto e tutti se la maggioranza la affronterà in ordine sparso, senza una posizione chiara e unitaria.

In quel momento si capirà nitidamente se l’operazione «Governo dei volenterosi» è un pensiero suggestivo, ancorato sul nulla, oppure se davvero ci sono pezzi del sistema politico pronti a scalzare la premier, interrompendo un percorso politico che pareva, e in realtà ancora pare, destinato a durare 20 anni e invece, come puntualmente avvenuto in passato, messo in discussione da alchimie di palazzo generate dai vuoti di leadership e dalle lacune di un gruppo dirigenziale non all’altezza della situazione e della leader.

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