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Genitori e figli, una «pacificazione» che non rassicura

Genitori e figli, una «pacificazione» che non rassicura

 
Pasquale Chianura

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Pasquale Chianura

Genitori e figli, una «pacificazione» che non rassicura

Il passaggio dalla famiglia normativa alla famiglia affettiva ha profondamente sovvertito il rapporto tra genitori e figli

Mercoledì 11 Dicembre 2024, 14:12

Il passaggio dalla famiglia normativa alla famiglia affettiva ha profondamente sovvertito il rapporto tra genitori e figli. La famiglia affettiva, infatti, è più preoccupata di promuovere la felicità e la creatività dei suoi figli che di insegnare loro il rispetto delle regole: il modello pedagogico della famiglia del passato, fondato su regole e obbedienza, colpe e punizioni è praticamente scomparso, sostituito da uno stile relazionale orientato a valorizzare e sostenere i figli nella realizzazione delle loro potenzialità.

A tal riguardo il 70% dei giovani dichiara di avere un rapporto di forte complicità con i genitori. Una «pacificazione» che ha poco di rassicurante. I genitori sono più preoccupati di farsi amare dai loro figli che di educarli, più ansiosi di proteggerli che di sopportare il conflitto e, dunque, meno capaci di rappresentare ancora la differenza genitoriale.

Da molti anni, infatti, la società non prescrive quale debba essere il compito primario del padre e della madre e lascia liberi gli aspiranti genitori di interpretare il compito più in relazione alla propria formazione individuale, alla qualità della relazione di coppia e alla storia personale, che ad una rigida suddivisione di compiti ed una convenzionale suddivisione del potere fra uomo e donna, marito e moglie, padre e madre.

Certamente la crisi della famiglia tradizionale incide sulla formazione dei nuovi individui e quindi dei nuovi genitori. È finito il tempo in cui erano i sentimenti di colpa a influenzare i comportamenti; ora a guidare molti adulti e adolescenti è il bisogno di visibilità sociale, di padronanza di sé, di intraprendenza, di sicurezza e facilità di entrare in contatto.

Questa è una delle conseguenze dell’individualismo, dell’enfasi sul sé, ma a condurre il gioco è spesso un sé fragile, terrorizzato di non essere all’altezza della situazione. Così i genitori si disorientano di fronte a figli che mostrano timidezza, insicurezza, tristezza, solitudine, non sanno accoglierli e ne accentuano così la fragilità. Infatti, la ricerca del successo non è riferita come in passato alla scuola o al lavoro, bensì all’immagine sociale e ai consensi. Infatti tante volte la famiglia delega alla scuola quello che non riesce o che non ha voglia di fare: «educare» così, di fronte alle manchevolezze ai tanti comportamenti inadeguati dei propri figli, per essere a posto con la propria coscienza, ne attribuiscono le responsabilità agli smartphone e ai social.

Pertanto, genitori e figli sono sempre più simili: la complicità prende il posto dell’autorevolezza, i padri diventano amici dei figli e le madri delle figlie. Dunque non è tutta colpa degli smartphone e dei social, ma anche di una fragilità adulta senza precedenti.

Non è un caso che si registri spesso una profonda correlazione tra le aree problematiche dell’adolescenza e le aree problematiche della coppia genitoriale. Infatti, l’adolescenza dei figli spesso può creare sconvolgimenti nella coppia genitoriale che vive una specie di adolescenza di mezza età (midlescence) mettendo profondamente in crisi i miti difensivi del gruppo familiare, in particolare quello dell’armonia familiare che si era alimentato durante l’infanzia del figlio.

Per questo spesso i genitori faticano ad accompagnare i ragazzi nello sviluppare la capacità riflessiva che permette di confrontarsi con l’ansia esistenziale, peraltro tipica dell’adolescente. Infatti, sempre più padri e madri riportano impotenza e un profondo senso di fallimento che li spinge a cercare soluzioni all’esterno come corsi di sostegno alla genitorialità, parent training, o scuole per genitori che non risolvono i problemi.

Siamo di fronte ad una società in cui il padre purtroppo è invisibile, tante volte infatti è assente per separazione o divorzio, o per scelta di madri single o per famiglie disgregate. Una considerazione specifica merita la figura paterna: la sua funzione educativa viene spesso spezzata, delegata, frammentata: la diffusione di uomini angosciati dalle difficoltà economiche, insoddisfatti di sé, privi a volte di un riconoscimento familiare pesa notevolmente sul rapporto educativo; così i figli cercano i propri modelli al di fuori di lui, spesso in influencer tanto amplificati dai media.

Pertanto è molto ridotta l’autorità paterna, mentre la figura femminile oscilla tra eccessi di controllo e assenze. La famiglia spesso ascolta i figli a patto che non esprimano emozioni che non piacciono, e sono sempre più protesi a soddisfare i desideri dei figli senza porre alcun limite. E i bambini e i ragazzi non sanno più cosa desiderare!

In conclusione, per queste ragioni si sono notevolmente trasformati i rapporti tra genitori e figli: perché ci si connette poco; si investe poco tempo per insegnare ai bambini e ragazzi a riconoscere le emozioni, che sono l’abc della vita, anche sentimentale. L’educazione emotiva è lasciata al caso: i giovanissimi sono più soli e depressi, più nervosi e impulsivi, più impreparati alla vita perché privi degli strumenti emotivi indispensabili per dare avvio a comportamenti quali l’autoconsapevolezza, l’autocontrollo, l’empatia e il rispetto per gli altri.

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