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Capire la complessità fa bene ai giovani (e alla meraviglia)

Capire la complessità fa bene ai giovani (e alla meraviglia)

 
Pino Donghi

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Pino Donghi

Capire la complessità fa bene ai giovani (e alla meraviglia)

l «Ritratto di Luca Pacioli» (1495) conservato nella Pinacoteca di Capodimonte e attribuito a Jacopo de’ Barbari

Leggere una biografia, seguire i personaggi di finzione di un romanzo, non garantiscono alcun titolo di studio, ma possono aprire orizzonti cognitivi altrimenti sconosciuti

Martedì 05 Dicembre 2023, 14:00

Consigli di lettura. Stella Maris, l’ultimo strabiliante romanzo di Corman McCarthye L’età della meraviglia, di Richard Holmes, sulla storia della scienza romantica. Quest’ultimo è un librone che racconta le vite e l’opera di tre personaggi principali, a cavallo tra fine ‘700 e metà dell’800, nello specifico tra il primo viaggio del Capitano Cook e quello di Charles Darwin sul Beagle: i tre, ma insieme a loro si fa la conoscenza di una corte di fantastici comprimari, sono l’esploratore e più longevo Presidente della Royal Society britannica, Joseph Banks, l’astronomo William Herschel, il chimico Humphry Davy. Stella Maris è invece un romanzo breve, un serrato dialogo tra uno psichiatra e una giovanissima, bellissima, talentuosissima matematica e violinista, Alicia, auto-ricoveratasi nella casa di cura di cui al titolo.

Sono ambedue racconti di scienza, dietro le quotidiane vicende di donne e di uomini; sono entrambi saggi di virtuosismo letterario, quando seguono le umane, «meravigliose» avventure dei vari protagonisti, quelli reali e quelli frutto dell’immaginazione, mentre sullo sfondo emergono le figure gigantesche di coloro che, con le scoperte, l’intelligenza, la temerarietà di chi sfida l’incompreso, ci hanno spalancato il mondo della nostra contemporaneità. Che non si può comprendere prescindendo dallo sviluppo della ricerca e della conoscenza scientifica, che non si può vivere senza accettarne l’irriducibile complessità. Sicché, come si dice e si ripete un po’ ovunque e in tutte le occasioni, è difficile: la scienza, molte sue acquisizioni, sono contro intuitive, presentano un grado di astrazione concettuale e di complessità inattingibili. In buona parte è così, c’è oggettivamente del vero.

E però! E però divulgare la scienza consiste fondamentalmente nel raccontare storie, sublime talento che non può essere messo in discussione parlando di McCarthy, ma che a giusto titolo può essere rivendicato da Richard Holmes, apprezzato biografo di poeti romantici come Shelley, Coleridge, Nerval, e che con la medesima attitudine ha deciso di misurarsi con gli altrettanto «romantici» scienziati del tempo, quelli dediti all’esplorazione «solitaria e perigliosa», quelli che hanno come obiettivo di «istruire, spiegare e comunicare a un pubblico generico». Al tempo, vale la pena riflettere, della rivoluzione francese e di Napoleone: quanti di noi, sui banchi di scuola - a parte, forse, un fugace riferimento alla tristissima sorte di Antoine Lavoisier - avevano mai incontrato le figure di Herschel, di Davy, di Joseph Banks? Quanti li conoscono, oggi? Quanti di noi hanno dimestichezza con le personalità che fanno da sfondo all’ora di seduta psichiatrica tra la giovane Alicia Western e il suo psichiatra: Alexander Grothendieck, Richard Feynman, Robert Hoppenheimer (lui sì, magari oggi, dopo il film di Christopher Nolan), David Hilbert, Henri Poincaré, Emmy Noether, John von Neumann, Richard Dedekind «… guardi questi nomi, il lavoro che rappresentano e ti rendi conto che in confronto gli annali della letteratura e della filosofia contemporanee sono di una desolazione senza pari». A parlare e Alicia. Ma parola del letterato Corman McCarthy, che non a caso, nel New Mexico dove viveva, era di casa al Santa Fe Institute fondato dal suo amico fisico, e premio Nobel, Murray Gell-Mann, poco o nulla frequentando il mondo letterario.

Se è vero, com’è indiscutibilmente vero, che l’estrema specializzazione di ogni indirizzo di ricerca, preclude ad un fisico delle particelle di comprendere nei dettagli la genetica delle cellule staminali, e viceversa, qualsiasi progetto di divulgazione scientifica parrebbe destinato al più atteso dei fallimenti. E però! E però, ci sono momenti in cui l’urgenza di capire – quella sperimentata collettivamente durante la pandemia da Covid-19, quella di un qualsiasi paziente di fronte ad una diagnosi complessa – affina l’intelligenza ed è capace di concentrare l’attenzione. E poi, e di nuovo, divulgare la scienza consiste fondamentalmente nel raccontare storie, sfruttando ogni possibile genere di discorso: lo sapeva Galileo, che sfruttava la sperimentata drammaturgia dei dialoghi, lo sapeva Keplero, che si appoggiava alla letteratura di viaggio, quella con la quale Darwin ci ha aperto gli occhi raccontando la nostra storia evolutiva.

Leggere una biografia, seguire i personaggi di finzione di un romanzo, non garantiscono alcun titolo di studio, ma avvicinano la comprensione, possono aprire orizzonti cognitivi altrimenti sconosciuti, prima ancora che inattingibili.

Se vogliamo che questo sia un Paese, anche per giovani, scartiamo qualsiasi soluzione semplice, abituiamoli alla complessità, aiutiamoli a leggere la contemporaneità. Un consiglio e un attitudine valida per noi tutti.

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