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Cuore e ragione, tutti insieme a lottare nel nome di Giulia

 
Lisa Ginzburg

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Lisa Ginzburg

Cuore e ragione tutti insieme a lottare nel nome di Giulia

Tutti, invasi da dolore, rabbia, somma indignazione, abbiamo vissuto attimo per attimo quelle agghiaccianti ultime ore di Giulia

Giovedì 23 Novembre 2023, 14:00

La nostra immaginazione galoppa. Nell’orrore, nello strazio, nella partecipazione inedita (per come collettiva e diffusa) all’orribile assassinio di Giulia Cecchettin per mano dell’ex fidanzato, si conta anche un altrettanto diffuso e collettivo lavorìo della nostra empatia. Tutti, invasi da dolore, rabbia, somma indignazione, abbiamo vissuto attimo per attimo quelle agghiaccianti ultime ore di Giulia. Abbiamo amato Giulia e la piangiamo, abbiamo amato e moltissimo apprezzato sua sorella Elena, il loro padre, il contegno straordinario e il coraggio del loro parlare, denunciare, contenere l’angoscia pur di ricordare questa ragazza sin da subito nel più giusto e dignitoso dei modi. Siamo stati vicini, vicinissimi a lei e alla sua famiglia.

Sapendo bene, tuttavia, che la morte di Giulia Cecchettin è femminicidio ennesimo: più di cento vittime in un anno 2023 che non è ancora finito, più di cento le donne che prima di Giulia sono state ammazzate in questi dodici mesi (per non parlare degli anni precedenti) da uomini che non accettavano di perderle. Che non accettavano la loro bellezza, grazia, libertà, quel flusso meraviglioso di vita che il femminile lascia sgorgare nel mondo (e di come ogni femminicidio sia anche un’aggressione al femminile della società, ho già avuto occasione di scrivere su queste pagine).

Diversamente da altre volte, ora, questo crimine ennesimo contiene in sé qualcosa che ha raggiunto il cuore di tutti. Quasi si potesse definire una goccia che ha fatto traboccare il vaso, infine da giorni (da quando, dopo una settimana di ombrosa perché già disperata speranza, il cadavere di Giulia non è stato trovato) giornali, dibattiti televisivi e radiofonici, conversazioni domestiche, tutto è giustamente, finalmente dominato da stessa urgente, terribile questione. La violenza di genere, la drammatica immaturità sentimentale, sessuale, esistenziale dei maschi (di una troppo ampia parte di loro, della loro categoria); l’efferata, ingiustificabile, sostanziale misoginia di una società «patriarcale».

Importantissimo che tutto ciò divenga tema al centro del dibattito pubblico, argomento in primo piano e dominante, che infine si affronti una deriva psichica e criminale che costituisce un cancro della società, qualcosa in vertiginoso e sconcertante aumento, un problema che è stato sinora troppe volte se non rimosso, quantomeno arginato in un angolo troppo nascosto del sentire comune.

Lo stesso però, per aggirare ogni rischio di utilizzo strumentale e retorico della questione, mi sembra importante tenere presente quanto questa ennesima tragedia sia appunto ennesima: tutt’altro che la prima, purtroppo non l’ultima. Per non cadere nel vortice di un morboso seguire un terribile fatto di cronaca e poi dimenticarlo o allontanarlo dal pensiero, più giusto è, contemporaneamente, interrogarsi sui confini dell’empatia, ovvero sulle sue qualità, ma anche sui suoi limiti. Angosciati per questa vicenda, pieni di dolore per l’orribile fine di Giulia, colmi di straziato affetto ogni volta nel vedere nelle foto il suo viso bello e pulito, l’abbraccio tenerissimo con la mamma morta di malattia tempo fa, siamo catapultati in questa storia, ed è giusto che sia così. L’avremo nella mente i tanti (speriamo tantissimi) di noi che sabato, giornata dedicata alla violenza di genere, invaderemo le strade, donne e uomini, vicini, solidali, affratellati e «assorellati» a manifestare per un mondo diverso, un mondo in cui gli uomini amino le donne e non reagiscano con la violenza della loro fragilità alla forza luminosa del femminile e della libertà delle donne. Il fiume di emotività che ci ha tutti travolti in questi giorni, portandoci a seguire ogni dettaglio e attimo per attimo ogni nuovo aggiornamento della morte di Giulia, come avviene per i fatti di cronaca più impressionanti, veda scorrere però anche, in parallelo, il flusso della lucidità del ragionamento.

Anche e proprio in nome di Giulia Cecchettin, il lavoro collettivo di denuncia e di presa d’atto sia capillare, e strutturale. Perché la questione è ennesima, e il problema, antico, è da estirparsi con tutte le forze della ragione, non soltanto sulla spinta dell’empatia collettiva per un fatto particolarmente atroce e triste. Perché Filippo Turetta, ventiduenne assassino di Giulia Cecchettin, è uno tra centinaia e centinaia di uomini criminali che hanno riversato sulle donne loro vittime il peso immane e distruttivo della loro tragedia psicologica personale. La goccia ha fatto traboccare il vaso; si guardi a tutto il vaso, e si combatta con il cuore e la ragione. Così ricorderemo Giulia, e le moltissime donne morte uccise come lei, nel modo più giusto. Determinati ora e sempre a liberarci della furia femminicida, cancrena del mondo civile.

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