La campagna elettorale per le prossime elezioni europee è ufficialmente aperta. Archiviati sbarchi e l’invasione dello straniero, ora il campo di battaglia per la ricerca del consenso è la crisi climatica. Nessun partito, nessun leader, dovrebbe ambire a vincere alimentando paure e falsità. Eppure negare le colpe dell’uomo nella crisi climatica in atto è la nuova moda. Dopo decenni in cui il tema non è stato nemmeno lontanamente di interesse politico e giornalistico, ora la tendenza è il negazionismo. Tutto ciò sta avendo un solo effetto: ritardare ulteriormente la transizione ecologica, energetica, industriale, verso un modello economico produttivo sostenibile. Non è certo un passaggio facile, né veloce. Ma serve una volontà chiara per intraprenderlo. Una visione! Mancano e entrambe. La strategia dei negazionisti è far credere che questa transizione sia inutile e sbagliata perché l’Europa (cattiva) vuole portarla avanti facendo ricadere i costi sui ceti medio bassi. Se devo a mie spese sostituire la macchina, mettere gli infissi nuovi, non accendere il riscaldamento e nemmeno il condizionatore, che convenienza ha per me questa transizione ecologica? Se devo pagarla di tasca mia non la voglio. Ecco come si manipolano le persone. È ovvio che questi costi non devono abbattersi sulle popolazioni. Ma farlo credere è una strategia che si sta rivelando vincente. Anche perché, diciamolo: a sinistra la ricetta non c’è.
Quando è scoppiata la guerra in Ucraina e ci siamo accorti della nostra dipendenza malata dal gas russo abbiamo detto: speriamo di aver imparato la lezione. La lezione però non la impariamo mai. Anche l’Emilia Romagna devastata invece di essere occasione, dopo la tragedia e la commozione, per far esplodere un confronto sano su cosa fare urgentemente è diventata il pretesto per far litigare in tv sostenitori dell’origine antropica della crisi climatica e negazionisti. E in questa rappresentazione teatrale tutti possono dire tutto ed essere trattati alla pari. La vittima è il pubblico, che da casa osserva, ascolta e gli sembra di dover scegliere tra chi parla meglio ed è più convincente. Poco importano le evidenze. Abbiamo costruito ovunque, nelle aree protette, a pericolosità di frana, abbiamo condonato per interessi politici ogni forma di abusivismo, abbiamo deviato fiumi e affluenti, sbancato colline, sradicando alberi, autorizzato opere pubbliche inutili, omesso manutenzione e messa in sicurezza. Solo per fare favori, rendere sempre più ricco chi era già ricco. Poi c’è la crisi climatica. Nel 2030 il 47% della popolazione mondiale potrebbe avere problemi di scarsità di acqua. La siccità in molte zone d’Italia è già oggi una realtà irreversibile. Siccità e alluvioni sono fenomeni collegati. Ed è vero che sono sempre esistiti, ma la tropicalizzazione del clima rende questi eventi meteorologici più frequenti ed estremi, classificati così dall’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del CNR. Alterazioni fatali dell’ecosistema, dunque, sono in corso. Non è il pianeta a rischiare l’estinzione. Siamo noi sapiens. Ma quali sono le tue fonti? La dottoressa Petrini dice il falso mi è stato detto in alcuni dibattiti televisivi a cui ho partecipato. Io non sono una climatologa e tantomeno una scienziata. Da giornalista leggo, intervisto, cito le fonti. Ma IPCC, Nasa, Nazioni Unite, Unione Europea non sono a quanto pare fonti attendibili. Poi possiamo concordare sul fatto che le stesse nella loro governance politica siano molto meno concrete nell’agire che nei paper scientifici pubblicati. Come le varie COP (Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) che non spostano un bel niente, ma restano grandi passerelle. Non ci meritiamo un dibattito fermo alla negazione dell’origine antropica del riscaldamento globale. Ci meriteremmo piuttosto un confronto su quali misure di adattamento e mitigazione adottare, su come ridurre le emissioni di gas serra, azzerare l’uso di combustibili fossili, archiviare la grande industria pesante e inquinante causa di aumento di tumori e patologie varie. La negazione dell’origine antropica giova alla difesa dello status quo, che significa difesa dei profitti delle lobby del fossile che hanno da guadagnare nel ritardare la rivoluzione economica e culturale necessaria per invertire la rotta. Un po’ come la «strategia del tabacco» una pratica nota perché ideata negli anni Cinquanta dalle principali industrie del tabacco. Per contrastare le emergenti preoccupazioni contro la tesi che il fumo provocasse il cancro scelsero di alimentare la confusione. Si diceva che le domande sugli effetti del fumo non avevano ancora trovato risposte soddisfacenti, che servivano altri studi. L’obiettivo era dare l’impressione ai cittadini che i dati scientifici fossero controversi. La stessa tecnica è in atto per indebolire l’impatto dei dati scientifici sul riscaldamento globale.
“Se il Pil resterà al centro dell’attenzione, il nostro futuro sarà triste” ha detto poco dopo aver ricevuto il Nobel per la Fisica Giorgio Parisi. “Il prodotto interno lordo dei singoli paesi sta alla base delle decisioni politiche, e la missione dei governi sembra essere di aumentare il Pil il più possibile, obiettivo che è in profondo contrasto con l’arresto del cambiamento climatico.” Parisi, parlando nell’Aula di Montecitorio, disse anche di voler fare proprie alcune delle parole che Robert Kennedy pronunciò il 18 marzo del 1968 all’università del Kansas: “Il prodotto nazionale lordo comprende l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per ripulire le nostre autostrade dalla carneficina. Comprende le serrature speciali per le nostre porte e le prigioni per le persone che le rompono. Comprende la distruzione delle sequoie e la perdita della nostra meraviglia naturale come effetto di un caotico sviluppo… Insomma misura tutto, tranne ciò che rende la vita degna di essere vissuta. E può dirci tutto sull’America, tranne perché siamo orgogliosi di essere americani, ed è così in tutto il mondo’.” Ecco noi ci meriteremmo questo livello di confronto. Non quello che stiamo subendo.