Domani, nella sede romana della casa editrice Laterza, avrà luogo l’incontro dedicato a «La qualità dell’informazione». Giornalisti, scrittori, economisti, comunicatori d’impresa e giuristi si confronteranno sulle dinamiche di nuovi e vecchi media. Tra gli interventi previsti anche quelli del presidente di Acciaierie d’Italia, Franco Bernabè, dell’ex ministro Enrico Giovannini, dei giornalisti Corrado Augias e Stefano Feltri, dello scrittore Gianrico Carofiglio, del presidente di Anica, Francesco Rutelli, della commissaria Agcom Elisa Giomi.
Mi capita spesso di discutere con giornalisti ed esperti di comunicazione della perdita di lettori giovani da parte dei media tradizionali, soprattutto televisione e carta stampata.
La spiegazione più diffusa è che si tratta di nativi digitali, che vivono nel web e si informano in rete. Un cambiamento epocale, conseguenza di una rivoluzione tecnologica, che ha portato con sé un rilevante problema economico, visto che il web è nato come luogo di accesso gratuito e per chi fa informazione in rete è molto più difficile farsi pagare dai lettori. Naturalmente si può ricorrere alla pubblicità, che però negli anni si è trasferita in buona parte su Facebook e altri grandi aggregatori online, in grado di profilare gli utenti e di garantire agli inserzionisti - come si dice - un «target» più mirato. Ma c’è probabilmente anche una questione più profonda, legata ai linguaggi e ai temi che sul web - soprattutto sui social - vanno per la maggiore e che i media tradizionali hanno faticato a cogliere.
Il risultato è che oggi una parte degli ultrasessantenni si informa ancora sui giornali e in televisione mentre i loro figli e nipoti in maggioranza accedono all’informazione su altri canali, che si differenziano molto dai precedenti non solo nelle modalità ma anche nei contenuti. Le informazioni che arrivano ai giovani spesso lo fanno in modo diverso, in un flusso di altri contenuti o selezionate da profili particolari.
Anche la gerarchia dei temi è spesso differente rispetto ai media tradizionali: meno politica interna, più geopolitica, meno opinionisti e più dati, questioni che per l’appunto vengono percepite come centrali per il futuro (individuale e collettivo) come il lavoro, i diritti civili o l’ambiente. Il tutto approfondito tramite storie, video, infografiche, podcast. E proprio questa diversità nei contenuti mi fa pensare che la frattura generazionale non sia solo una questione «tecnologica».
Se poi considero la lettura dal punto di vista dei libri, trovo una realtà ancora diversa: i giovani sono i lettori più forti - tanto che nell’anno trascorso il bestseller assoluto è stato Fabbricante di lacrime di Erin Doom, un testo acquistato prevalentemente da adolescenti in edizione cartacea e molto spesso nelle librerie fisiche. Negli ultimi anni si è affermato un vero e proprio genere letterario, denominato «young adult», a cui molte librerie hanno iniziato a dedicare interi scaffali, visto che i giovani lettori sono sempre di più.
Certo, un libro è ben diverso da un giornale. Eppure il successo dei libri per adolescenti mi pare il segno che non c’è una ostilità dei giovani all’approfondimento o alla concentrazione che la lettura su carta a volte richiede, e che nell’abbandono della lettura dei giornali e dell’informazione televisiva c’è anche una componente legata alla prevalenza nei media tradizionali di un certo modo di trattare i fatti, ad esempio nella cronaca politica, che spesso assomiglia a una soap opera...
Anche di questi argomenti discuteremo nella sede romana della casa editrice, martedì prossimo, in un incontro dedicato alla qualità dell’informazione. Parleremo di come è cambiato il flusso delle notizie, di come il pubblico si è frammentato (non solo dal punto di vista generazionale), di come sono cambiati gli stessi strumenti del lavoro giornalistico, insieme alle risorse e agli editori.
La discussione sarà aperta da Giorgio Zanchini, un giornalista della RAI con ampia esperienza di radio e televisione, che negli anni ha dedicato ai cambiamenti dell’informazione molte riflessioni e libri. Dopo di lui interverranno altri giornalisti, dei media tradizionali e dei nuovi media come Will, Torcha, Factanza, Chora, Open e Scomodo.
Parteciperanno anche studiosi dei media e comunicatori d’impresa, spin doctors e giuristi impegnati nelle autorità di garanzia, manager e politici. Perché l’informazione è un tema che riguarda tutti e da una buona informazione dipende molto la possibilità di far vivere una buona democrazia. Soprattutto se si pensa che la democrazia, come scrive Amartya Sen nel suo piccolo denso saggio La democrazia degli altri (Mondadori 2004), più che da un insieme di voti ed elezioni sia caratterizzata dalla qualità del dibattito pubblico.