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Ciro l’immortale laureato non basta a cambiar volto ai tanti Sud di Scampia

 
Roberto Calpista

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Roberto Calpista

Ciro l’immortale laureato non basta a cambiar volto ai tanti Sud di Scampia

È vero che i cittadini di Scampia hanno gli stessi diritti degli altri. Creare un luogo di studio, di crescita umana, formativa e culturale all’interno di un quartiere così, senza ombra di dubbio, appare come una manna dal cielo. Ma senza facili entusiasmi

Lunedì 17 Ottobre 2022, 13:45

Se Genny Savastano, Ciro l’immortale o quella «grande cessa» di Chanel, tutti boss della camorra di Scampia in «Gomorra la serie», fossero stati laureati, il dottor Savastano, l’ing. Immortale, la filosofa «Grande cessa», avrebbero rinnegato il crimine per abbracciare la legalità?

Ovvero i presìdi «culturali» e istituzionali su un territorio moralmente e giudiziariamente degradato, possono fare la differenza? Di questo è convinto il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, che oggi nel rione noto ormai in tutto il mondo per lo spaccio di droga e le guerre di mala, inaugurerà i corsi della facoltà di Medicina: «Ora la narrazione cambia», ha detto con troppo ottimismo. La nuova sede di Scampia dell'Università Federico II nasce lì dove prima c'era una delle Vele, simbolo di un quartiere che da anni vorrebbe lottare per smettere di essere considerato solo una delle più grandi piazze di spaccio d'Europa e terra del Sistema.

La struttura è stata realizzata dal Comune di Napoli ed è il frutto di un progetto costato 51 milioni di euro finanziato con fondi comunali e con il fondo sviluppo e coesione attraverso un accordo quadro firmato con la Regione Campania, con lavori però che - in perfetto stile Sud - si sono trascinati per decenni, tra vari stop and go, con un accordo di programma che risale al 2006.

È vero che i cittadini di Scampia hanno gli stessi diritti degli altri. Creare un luogo di studio, di crescita umana, formativa e culturale all’interno di un quartiere così, senza ombra di dubbio, appare come una manna dal cielo. Ma senza facili entusiasmi.

A Bari, per esempio, potrà anche non piacere, il Tribunale - massimo presidio di legalità - nel cuore del «Libertà», ha contribuito poco o niente a combattere la «ricca» presenza mafiosa sul territorio, che c’era ed è rimasta tale. Per anni, mentre all’interno del Palazzo si lavorava «nel nome della legge uguale per tutti», al di fuori non cambiava una virgola.

Non illudiamoci. Perché in pochi istanti una enorme opportunità può mutare in un danno per la collettività, per la qualità della democrazia, per la fama di una zona.

È vero che a Scampia, come al Libertà di Bari, al Cep o al Candelaro di Foggia, tanti ragazzi si ammazzano di fatica onestamente, ma è altrettanto vero che per molti di loro la possibilità di frequentare - e con successo - delle lezioni all’Università fino ad ottenere la laurea resta un sogno o, peggio, un’ipotesi nemmeno presa in considerazione, «abortita» sul nascere.

La camorra la si combatte facendogli del male, la combattono i magistrati, i pm, le forze dell’ordine e i cittadini. Ma a tutti, soprattutto a quest’ultimi diventa fondamentale dare le armi giuste, che al Sud sono lavoro, equità sociale e culturale, nuove opportunità.

L’offesa all’immagine di una città non proviene dalle persone che vivono nei quartieri di frontiera, né dagli sceneggiati che hanno fatto la fortuna di tizio o caio, trasformando eroi del male in miti, ma dai tanti camorristi in libertà che diventano esempi di vita anche per chi, magari senza ammazzare nessuno, vive cercando di fregare il resto del mondo, offrendo lavoro in nero, evadendo il fisco, risultando nullatenente pur possedendo macchine, moto, barche, incassando il reddito di cittadinanza senza averne diritto, o più semplicemente, occupando posti «caduti dal cielo» ai vertici della società.

Prima di qualsiasi inaugurazione, prima di cantar vittoria, prima di essere certi che «con la cultura si può vivere e bene», sono altri i meccanismi che andrebbero scardinati, ma che - sembra - in pochi sono disposti a combattere. Il rischio è che l’Università di Scampia non solo non riesca ad avere alcun impatto positivo sul territorio, ma per l’ubicazione renderà ancora più complicata la vita agli studenti e ai docenti, senza nuove linee di trasporto locale e adeguata sorveglianza per dare sicurezza, servono servizi al momento carenti. Serve un contesto completamente diverso per cancellare l’immagine del ghetto. A Napoli, come a Bari, Foggia, ma anche Roma e Milano.

Tra i tanti dibattiti che sono nati attorno alla serie «Gomorra», una volta un giornalista attaccò Marco D’Amore, l’attore protagonista: «Io credo che ci siano poteri buoni. E in questa serie c’è una totale assenza dello Stato. E io credo che lo Stato sia un potere buono. Mi domando se voi a distanza di molti anni non credete che questa serie abbia contribuito…». La replica «dell’Immortale»: «Si venga a fare un giro con noi a Scampia, Ponticelli, Caivano, così si rende conto che in questi territori lo Stato non c’è».

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