Il dibattito aperto da Gianfranco Viesti (l’11 ottobre su queste pagine) sul Pnrr e il futuro della città di Bari, dopo l’intervento del segretario generale Cgil Puglia, Pino Gesmundo (pubblicato ieri), prosegue oggi con un contributo del prof. Nicola Costantino, già Rettore del Politecnico di Bari.
In una acuta riflessione sul prossimo impatto delle notevolissime risorse destinate dal Pnrr a Bari, pubblicata sulle pagine di questo giornale, il prof. Viesti pone un quesito fondamentale: che città contribuiranno a disegnare queste opere? Che cosa sarà Bari dopo il 2026?
Sono queste domande fondamentali, se vogliamo che gli effetti di questi cospicui investimenti non si limitino ai vantaggi occupazionali ed economici (ma anche ai contemporanei disagi per i cittadini) che i tanti, spesso imponenti, cantieri provocheranno. I rischi di sprechi, inefficienze, «cattedrali nel deserto» sono sempre presenti, e proporzionali all’entità dei finanziamenti utilizzati.
Ci sono però anche enormi potenzialità, che potrebbero, e dovrebbero, favorire ed incrementare un positivo processo di evoluzione del sistema produttivo già in atto nella nostra città metropolitana. Bari non ha mai avuto monoculture industriali come Taranto (Italsider) e Brindisi (petrolchimico), ma piuttosto un insieme di attività più legate al manifatturiero, anche ad elevato valore aggiunto. La presenza di centri di sviluppo scientifico e tecnologico quali Politecnico, Università, Tecnopolis, Centro Laser ha favorito l’insediamento di stabilimenti come Bosh (ricordiamo che il common rail è nato a Bari), Getrag, Magneti Marelli, Mermec, Masmec, ed altri.
Negli ultimi anni, la crisi mondiale dell’automotive ha impattato negativamente su molte di queste realtà, ma contemporaneamente abbiamo registrato il progressivo sviluppo nel nostro territorio di molte attività di quello che un tempo veniva chiamato terziario avanzato: informatica innanzi tutto (come Exprivia), ma anche internet (come Archiproducts di Edilportale, recentemente premiata come miglior ecommerce italiana), servizi specialistici di consulenza (EY, Deloitte, ecc.). Fondamentale, in molti casi, è stata la collaborazione offerta dal Politecnico di Bari - grazie al costante impegno dell’attuale Rettore Cupertino e del suo predecessore, attuale Vicesindaco, Di Sciascio - ma anche dell’Università di Bari.
Assistiamo ora ad un fenomeno nuovo, e molto positivo: se è vero che i laureati baresi in ingegneria informatica e gestionale (ma il discorso vale anche per altre lauree Stem) non hanno mai avuto particolari problemi occupazionali, è anche vero che molti di loro erano costretti a trasferirsi al nord (soprattutto Milano) o all’estero. Oggi invece, grazie alle nuove attività, è molto più facile che possano occuparsi sul nostro territorio; non solo, registriamo anche una sorta di «reshoring dei cervelli»: grazie all’accelerazione che il lockdown ha dato alle varie forme di smart working, molti tecnici e professionisti baresi, pur continuando a lavorare per aziende settentrionali o estere, tornano a casa. Il crescente disaccoppiamento tra luogo di lavoro e luogo di residenza, sempre più esteso a tutte le attività produttive «dematerializzate», offre a Bari, ed al suo hinterland, nuove possibilità di sviluppo estremamente interessanti.
Il nostro territorio può diventare (come avviene per molte località della Silicon Valley) «il luogo preferito dove vivere e lavorare», anche per attività che si sviluppano (o hanno clienti) molto lontano. Naturalmente è questa un’ambizione legittima condivisa con molte altre città italiane. Ed è qui che le opere del Pnrr possono fare la differenza: alle attrattive che Bari ha già (clima, mare, gastronomia, relativa abbondanza di alloggi, ecc.) ne vanno aggiunte altre: più estesa rigenerazione urbana, trasporti urbani più efficienti, più verde pubblico, più attività culturali, asili nido e scuole dell’infanzia (con tempo prolungato); ambiti ai quali i progetti del Pnrr possono fornire contributi fondamentali.
Sarebbe inoltre estremamente opportuno che una quota dei fondi destinati ad edilizia residenziale pubblica fossero impiegati per realizzare alloggi per gli studenti: Politecnico ed Università stanno aumentando l’offerta formativa nelle professioni scientifico-tecnologiche più richieste dal mercato, ed il livello di eccellenza da essi raggiunto può costituire un notevole polo d’attrazione per studenti da tutta Italia, e dall’estero, a condizione però di offrire loro migliori (e più economiche) condizioni abitative, come fanno da anni molte università pubbliche e private del centro nord.
Il vecchio sogno della «California del sud» può tornare così di attualità: è questa una scommessa impegnativa, che possiamo, e dobbiamo, vincere.