Se un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza e tre una prova - per ripescare l’aforisma sempreverde di Agatha Christie - settant’anni di indizi cosa sono? Alla politiche del 1948, un’era geologica fa, votò il 92,2% degli aventi diritto, a quelle del 2018, in piena euforia populista, il 72,9%. Alle europee dell’anno successivo meno del 55%. E come non citare le ormai leggendarie suppletive per la Camera nel collegio di Roma 1 dove ha pensato bene di rimanere a casa l’88% degli elettori e poco ci mancava che il Quirinale desse una medaglia al valor civile a quel 22% di mohicani in pellegrinaggio alle urne.
Scopriamo l’acqua calda: gli italiani, così come quasi tutti i cittadini dell’emisfero occidentale, non votano o votano poco. Per questo il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, ha armato la commissione guidata dall’ex ministro Franco Bassanini per contrastare la disaffezione all’esercizio del dovere civico. Ne è venuto fuori il «Libro bianco sull’astensionismo» con tutta una mappa degli umori italici e le relative soluzioni, almeno lì dove si può intervenire. Innanzitutto, si apprende che di «astensionismi» ne esistono tre: il primo è quello «volontario», motivato dalla protesta e dall’indifferenza. Tradotto, gente che non ne vuole saperne di votare nemmeno se li accompagni al seggio in limousine. La tara è sulle Europee del 2019: quello per protesta oscillerebbe tra il 15 e il 20%, quello per indifferenza tra il 10 e il 15%. Se, come spesso capita, gli umori del bar valgono di più delle alchimie degli statistici, le percentuali appaiono molto ottimistiche. Ma tant’è.
Potendo fare ben poco su questo fronte, la Commissione ha virato ogni sforzo sugli altri due tipi di astensionismo. Per cominciare quello «involontario»: anziani, spesso disabili, che vorrebbero recarsi alle urne ma non ci riescono. In Italia gli over 65 con difficoltà di movimento sono quasi 10 milioni di cui un terzo piegato da condizioni particolarmente gravi.
Ora, immaginare che tutti gli anziani bloccati in casa desiderino votare e che gli astensionismi non si possano sommare («ho difficoltà ma comunque non mi interessa») è un altro grande atto di fede. Accanto a questi poi ci sarebbero gli astensionisti «apparenti», quelli che per rientrare nel luogo di residenza impiegherebbero più di quattro ore (studenti fuori sede e italiani all’estero) o gli assenti per altri impegni (turismo o eventi). Anche qui: e se la scelta di andare a fare la scampagnata in pieno election day fosse voluta e non imposta da una cospirazione celeste? In ogni caso, per tutti costoro, ma soprattutto per i primi, il «Libro bianco» squaderna un pacchetto di soluzioni che tanto profumano di mondo in sempiterna pandemia. Due su tutte: l’election pass, sul modello del green pass, e gli hub elettorali come quelli vaccinali. Con in più la possibilità, attraverso il pass, di esercitare un «voto anticipato presidiato», da 15 giorni prima della data indicata, presso un ufficio postale con cui - si presume - gli anziani dovrebbero aver una naturale confidenza. Ogni anno, due soli appuntamenti elettorali, in cui infilare di tutto, magari, ci verrebbe da malignare, anche il ritiro della pensione.
Ironie a parte, lo sforzo è encomiabile e ogni intuizione si giudica nel suo svolgimento. Ma qualche obiezione si può avanzare.
Per prima cosa, la storia insegna che la soluzione non è mai più tecnologia, ma meno tecnologia. Perché il piombare, nelle liturgie private e collettive, dello smart, del touch, del new, lungi dal semplificarle finisce per dar loro il fatale colpo di grazia. Citofonare alla Spid e alla tv digitale per informazioni. E anche il tanto magnificato green pass, diciamocelo pure, si è materializzato nelle tasche degli anziani grazie all’abnegazione di figli e nipoti. Più utile invece, come rileva la stessa commissione, potrebbe essere incentivare il voto a domicilio, la cara vecchia relazione personale di cui sentono la mancanza un po’ tutti e non solo gli anziani Anche l’idea, non nuovissima, di aggregare le date profuma tanto di canone Rai infilato nella bolletta della luce (un «onere improprio», infatti già rimosso): se stai andando a mettere una croce sul nome di tuo nipote candidato al Comune, ti appioppo anche le Europee o le Politiche. La logica del «visto che ci sei...». .
L’impressione resta quella di piccoli trucchi, rattoppi, furberie per mettere toppe su un abito logorato da settant’anni di scadimento dell’offerta politica. C’entrano poco le barriere architettoniche, il turismo, il come e il dove si vota, i pass e gli hub. Tutti cerotti sul tumore. Il problema, non solo italiano, è che l’evoluta democrazia occidentale, eterno metro di misura della civiltà politica globale, si è rovesciata in qualcosa di più infido del suo contrario. L
o sosteneva, da par suo, Robert Sabatier: «C’è un’azione peggiore che quella di togliere il diritto di voto al cittadino, e consiste nel togliergli la voglia di votare». Questo è ciò che è successo. E la povera Commissione Bassanini può farci ben poco.