Roma, 6 ott. (Adnkronos) - "Il sistema fiscale deve garantire equità e proporzione, non punire chi cresce. Occorre calibrare meglio le aliquote, evitando che l’aliquota massima scatti troppo presto e ripristinando un senso di giustizia contributiva". "Si parla di ridurre l’aliquota intermedia dal 35% al 33%. Sarebbe un primo passo, ma se poi si sterilizza il beneficio per chi supera quella soglia, diventa l’ennesima beffa: si promette un taglio al ceto medio e poi lo si nega proprio a chi finanzia quella stessa manovra". Lo ha affermato il presidente di Manageritalia Marco Ballarè intervenendo all'incontro 'Fisco e welfare: proposte per una nuova stagione di crescita' organizzato da Manageritalia.
"Oggi i redditi medi e medio-alti, - spiega - la vera spina dorsale economica e professionale del Paese, finiscono spesso doppiamente penalizzati: esclusi dai sostegni e privi, al tempo stesso, degli strumenti di ottimizzazione fiscale di cui dispongono i redditi più alti. Così, il peso del sistema fiscale grava proprio su chi lo sostiene di più, senza un adeguato riconoscimento né economico né sociale". "Dal 2022, l’aliquota massima del 43% scatta già a 50mila euro. Il risultato è una sproporzione che mina l’equità: un dirigente con 105mila euro paga in tasse 13,5 volte un impiegato da 30mila, pur guadagnando solo 3,5 volte di più. Questa non è progressività, è sproporzione" rimarca Ballarè.
"Ogni nuova rottamazione - continua- non è un segnale di equità, ma un messaggio distorto: premia chi non ha fatto il proprio dovere e penalizza chi lo ha sempre fatto. Non esiste un 'bonus per gli onesti': l’unico vero riconoscimento possibile è un sistema fiscale più giusto per tutti. Non servono nuove sanatorie, serve una lotta seria all’evasione, un’amministrazione fiscale efficiente, che recuperi davvero quanto dovuto e che riduca la pressione su chi già sostiene il Paese".
"In Italia, dal 2000 a oggi, sono state varate tredici sanatorie fiscali, - ha ricordato Ballarè - una ogni due anni. Nello stesso periodo, la Germania ne ha fatte due — nel 2001 e nel 2004 — e la Francia nessuna. Ha scelto invece di rafforzare il contrasto preventivo all’evasione, investendo in controlli, digitalizzazione e cultura fiscale. È la prova che un sistema equo non ha bisogno di condoni periodici, ma di regole chiare, stabili e rispettate da tutti".
"Una finanziaria non serve solo a riequilibrare i conti pubblici: deve anche stimolare produttività, innovazione e crescita delle imprese a più alto valore aggiunto". "Serve una visione che incentivi l’investimento, la digitalizzazione e la capacità del sistema produttivo italiano di competere sui mercati globali. Fisco e welfare devono essere strumenti di politica industriale, non capitoli separati: solo così si genera sviluppo sostenibile e di qualità".
"La nuova stagione di crescita deve poggiare su tre pilastri chiari: un fisco equo, che premi il merito e allarghi la base imponibile, un welfare moderno, non come costo ma come investimento per persone e imprese, terzo: tutela del potere d’acquisto, per lavoratori e pensionati. Non è solo una questione di numeri, è una questione di fiducia: fiducia nel lavoro, nella carriera, nel futuro. Se non la ricostruiamo, - sostiene Ballarè - il Paese si ferma. Se la ricostruiamo, possiamo aprire davvero una stagione di sviluppo più equa, sostenibile e inclusiva".
"Bloccare l’aumento dell’età pensionabile è utile, ma non basta. Senza un secondo pilastro solido stiamo rifacendo il tetto di una casa con fondamenta che cedono. Serve rendere più attrattiva la previdenza complementare, riducendo la tassazione sui rendimenti, rivedendo le regole della rendita vitalizia e incentivando l’adesione dei giovani".
"Dal 1997 a oggi, in 28 anni, il meccanismo di perequazione è stato cambiato 15 volte. Il risultato è che i pensionati hanno perso oltre quattro volte in potere d’acquisto. È una stortura che mina la fiducia e la dignità. Serve una norma stabile, non soggetta a scelte discrezionali, che tuteli chi ha lavorato una vita intera" ha concluso Ballarè.