LECCE - Un luogo fatato, dove la sirena bicaudata che si staglia sui decori di conchiglie, pare pronta a staccarsi, per immergersi e purificarsi nella vasca che campeggia al centro d’una grande stanza.
Bastano poco più di trenta gradini, nel complesso architettonico rinascimentale di Villa Fulgenzio della Monica, attiguo alla chiesa di Sant’Antonio da Padova dei Frati Minori di San Francesco, per scoprire uno dei Tesori Nascosti più belli ed affascinanti di Lecce.
Al di là della porta laterale che corre all’inizio d’un imponente filare di mezzi archi in bianca pietra tufacea, l’impatto visivo è con una bellezza mozzafiato. Un ambiente immacolato funge da vestibolo a tre porte ad archi interi, sopra le quali una contenuta parete bugnata, fornisce una solida ed elegante cornice.
Al riparo delle porte, la bellezza che non t’aspetti, è costituita dal Ninfèo ipogeo della Villa, che costruita fuori le mura cittadine dall’ingegnere militare Gian Giacomo dell’Acaja a partire dal 1560, con giardini, fontane e Cappella dei Santi Filippo e Giacomo, fu dimora dell’aristocratica famiglia dei della Monica, originaria di Cava dei Tirreni, di cui Fulgenzio, che fu pure sindaco, era, assieme al fratello Camillo, il più noto rappresentante.
Un impianto di luci soffuse, messo a punto all’indomani del restauro voluto dalla Provincia dei Frati Minori, rischiara pareti e soffitto, interamente lavorati a rilievo, con intagli geometrici e vegetali, eseguiti direttamente nel banco di pietra con centinaia di elementi marini, in larga parte conchiglie, salvo qualche sprazzo di maiolica. Lungo il percorso intervallato da tre nicchie alveolari col relativo catino, ed in basso un mascherone dalla cui bocca sgorgava l’acqua, sono stemmi araldici e miti classici (Chimera, Poseidone, Bellerofonte che cavalca Pegaso e la già citata Sirena bifida), ma anche aquile e grifoni.
I ricchi decori del mirabile Ninfèo, restituito alla comunità nella primavera 2024, quasi mettono in secondo piano la grande vasca che affiora al centro. Un tempo alimentata da una vena acquifera purtroppo scomparsa, assieme all’intero ipogeo dedicato alle Ninfe, era una sorta di Santuario laico inteso come luogo esclusivo di ristoro e meditazione. Un Sancta Sanctorum, che oltre al vestibolo, comprendeva ed ancora oggi comprende, un’ampia camera rettangolare con la volta a padiglione, in un angolo della quale, è giunto sino a noi pure il camino, elemento portante del calidarium. Vale a dire, la sala riscaldata erede delle Terme Romane, dove potersi riscaldare e sudare, dopo il bagno nella vasca del Ninfèo.
Questo di Villa Fulgenzio della Monica, è uno dei pochi sopravvissuti a Lecce. Sicuramente il meglio conservato e suggestivo. Gli altri si trovano nelle Torri di Belloluogo e del Parco, e conosciuto come Ninfèo delle Fate, nella masseria Tagliatelle.