BARI - C’è un gioiellino custodito nel cuore di Bari vecchia. Ed è qui che l’altra sera, nella seconda puntata de «Le indagini di Lolita Lobosco3», hanno iniziato ad amoreggiare la bella Loli – l’amatissima Luisa Ranieri - e la sua nuova fiamma, Leon, l’affascinante gallerista interpretato da Daniele Pecci, che lavora con l’arte nel Kursaal Santalucia.
È proprio Leon a condurre Lolita «in un post magico, aperto eccezionalmente per te». I due camminano di notte tra i vicoli della città vecchia e si fermano davanti a una porticina grigia sbarrata, sormontata da un’elegante epigrafe. L’uomo ha le chiavi, apre, ed ecco che davanti ai loro occhi e ai nostri, si disvelano immagini di rara bellezza: la tela secentesca di scuola napoletana raffigurante San Martino che dona il mantello a un povero, l’altare, il bellissimo candelabro settecentesco, e poi lo sguardo corre più in basso, alla meraviglia degli affreschi. È la chiesa di San Martino, una piccola cappella privata sconsacrata, inglobata nel palazzo barocco Bianchi Dottula, situato ad angolo nell’omonima strada. La cappella sorge su un precedente edificio di culto di epoca bizantina, risalente al IX-X secolo dopo Cristo, più antico quindi della Basilica di San Nicola.
Milioni di telespettatori (per la precisione più di 5 milioni, con il 28.17 % di share hanno visto la puntata della fiction ispirata ai romanzi di Gabriella Genisi) hanno così potuto ammirare una piccola bomboniera patrimonio della storia millenaria di Bari, ma purtroppo sconosciuta ai più. La chiesetta, rimasta chiusa per oltre sessant’anni, ha riaperto nel 2022, grazie all’associazione Martinus. Nel 2012 infatti, la famiglia Mitolo, di Giovinazzo, discendente dei Bianchi Dottula e proprietaria dell’intero edificio, ha affidato all’associazione il progetto di studio e restauro della chiesa.
«La famiglia Mitolo chiese all’architetto Gerardo Milillo, presidente dell’associazione, di costituire un gruppo di studiosi, storici, progettisti, e presentare alla Soprintendenza il progetto di restauro - racconta Giancarlo Liuzzi, vicepresidente di Martinus -, poi approvato nel 2021. L’idea è appunto di restaurare l’intero edificio. La parte più importante sarà proseguire lo scavo archeologico, con l’intero scavo della navata attuale della chiesa».
Negli anni Sessanta infatti, durante alcuni interventi di consolidamento, venne aperto un profondo varco nella pavimentazione che portò alla luce gli affreschi dell’Alto Medioevo, i resti murari dell’antico tempio bizantino, e la tomba del sacerdote Smargardo, maestro di canto e rettore della chiesa in epoca bizantina. «Se si riesce a scavare per altri 3/4 metri è verosimile che si trovino altri affreschi e resti archeologici – continua Liuzzi -, per poi procedere con la ricostruzione del pavimento, quindi l’ambiente diventerà su due livelli. Vorremmo trasformarlo in un centro di produzione culturale, con un piccolo polo museale, e uno spazio eventi per convegni, seminari».
La proprietà continuerà a essere privata e i proprietari sono intenzionati ad aprire al pubblico gratuitamente. Il problema è il reperimento dei fondi. Spiega Liuzzi: «È molto complesso trovare la tipologia di finanziamento che permetta il restauro di beni di proprietà privata. Si parla tanto di fondi Pnrr per interventi di questo genere, però reperire bandi per un restauro del genere è più difficile. Per questo abbiamo cercato di coinvolgere quanti più soggetti possibili, a cominciare dall’Università. Puntiamo a privati, fondazioni, imprese e cittadini che già ci stanno sostenendo». E ora la grande opportunità di far conoscere la chiesetta grazie alla tv con Lolita Lobosco. L’associazione avvierà tra oggi e domani una campagna di crowdfunding (su GoFunMe) per raccogliere un milione di euro.
A breve verrà pubblicato un catalogo delle opere d’arte che si trovano nella chiesa di San Martino, con i relativi costi di restauro. Il progetto sarà anche presentato dall’archeologa barese Federica Calabrese in un convegno a Swansea in Inghilterra dal 5 al 7 aprile.