BARI - Calabrese di Cutro, a pochi chilometri da Crotone. Dalla squadra della sua città, nel 1982 passa al Catanzaro registrando un primo gettone di presenza. In carriera, con la maglia giallorossa giocherà in tutto 85 partite mettendo a referto 18 gol suddivisi nelle quattro stagioni dall’84 all’88 e nel 1996. Tanta roba per Antonio Soda, doppio ex attaccante di Catanzaro e Bari. Ed è probabilmente proprio con i galletti che la punta pitagorica raggiunge il punto più alto in carriera. Con la casacca del Bari - su diciotto gare giocate - segna la sua prima rete in serie A nell’indimenticabile 2-0 alla Juventus del 25 novembre 1990. L’intermezzo di Trieste fa da ponte al ritorno in Puglia dove colleziona 29 presenze e altri gol nel torneo ‘91/’92. Un secondo tempo del film…in Puglia culminato con l’amara retrocessione nonostante gli ingenti investimenti economici della proprietà.
Soda, lei oggi vive a Reggio Emilia. Ha il patentino di allenatore Uefa Pro e attende una panchina. Nel frattempo, si interessa del campionato di serie B?
«Certo. Vado un po’ in giro. Quest’anno sono stato a La Spezia e ho seguito anche alcune partite della Reggiana e de Sassuolo. Il Bari l’ho visto in tv una volta sola, nella partita pareggiata al San Nicola contro il Cosenza. Credo sia una buona squadra. Conosco bene il direttore sportivo Giuseppe Magalini. Ha esperienza, ha svolto un buon lavoro nel precedente periodo a Catanzaro. Ha girato tanto in A e in B. Il torneo cadetto lo conosce bene e sa come muoversi. A Bari ha costruito una buona squadra, non so però se all’altezza per vincere il campionato. Bari è una piazza importante e deve stare in A».
Cosa ricorda di quel gol alla Juventus di trentaquattro anni fa?
«A Bari sono stato benissimo e lì ho ancora tanti amici, come Di Gennaro, Gerson e Maiellaro. Quella volta contro la Juventus, appena arrivato, debuttati per via di alcuni compagni squalificati. Mister Salvemini mi chiese di partire dall’inizio. Fu la prima volta da titolare. Alla vigilia, fui caricato al massimo dal vice Biagio Catalano. Mi riempì la testa di parole incoraggianti. Quel gol, il mio primo nella massima serie, rimane scolpito nel mio cuore. Fare gol alla Juve è sempre un fatto importante, sia sul piano personale che generale. De Marchi mi negò il raddoppio che ero ad un passo dal segnare. Dopo la partita, fuori dallo stadio, i tifosi mi fermarono e mi osannarono come fossi un re».
Bari ha rappresentato l’apice della sua lunga esperienza da calciatore. Furono anni al cospetto di grandi campioni, eppure molto complicati per la squadra.
«Il primo anno fu stupendo. Realizzai cinque gol. Un bottino significativo per molti attaccanti che attualmente giocano in A. Venivo dalla B e nel reparto offensivo davanti avevo due nazionali come Florin Raducioiu e Joao Paulo. Mi sono ritagliato uno spazio col lavoro e il sacrificio, togliendomi delle soddisfazioni. Eravamo in zona Uefa, poi perdemmo a Pisa e complicammo le cose. Servì una vittoria sul Milan per salvarsi. L’anno dopo, avremmo dovuto fare le cose in grande con giocatori importanti come Platt, Boban, Jarni e Fortunato. Anche lì, segnai cinque gol. La squadra era forte, se ci fosse stato Joao Paulo sarebbe andata diversamente. A Bari ho lasciato un pezzo di cuore».
Il trampolino di lancio è stato il Catanzaro. Immaginiamo debba molto al club calabrese?
«Ho iniziato lì nella squadra Primavera e subito dopo fui chiamato in prima squadra all’età di 17 anni. Esordii contro l’Inter dopo tantissime panchine. Poi, ho giocato sei, sette anni in Calabria tra B e due tornei di C vinti. Catanzaro è stata la mia casa, sono cresciuto in questo ambiente a cui devo tanto per aver posto le basi di quella che in seguito sarà stato il mio percorso di professionista».
Venerdì si gioca Bari-Catanzaro. Vedrà la partita? Cosa si aspetta?
«La vedrò senz’altro. Prevedo una partita difficile per entrambe. Il Catanzaro viene da diversi pareggi. Parliamo di una buona squadra. Gli manca un risultato importante per esplodere. Discorso simile per il Bari che, tuttavia, ha qualcosa in più. A Vicari e compagni mancano delle vittorie. Anche i biancorossi attendono i tre punti per rilanciarsi. Se una delle due vince, potrà rilanciarsi. Sarà una partita molto aperta. I calabresi si difendono bene e possono colpire in qualsiasi momento».
Ha visto giocare le due squadre quest’anno? Longo contro Caserta: il primo punta tutto sul 3-5-2, il secondo predilige il modulo 4-3-3, anche se ha schierato le sue squadre pure con il 3-5-2 e il 4-2-3-1.
«Con Longo ci ho giocato contro. Si tratta di un allenatore esperto, sa il fatto suo. Di sicuro, darà un’identità alla squadra. Caserta, a Catanzaro, ha cambiato tante volte e non ha ancora trovato la quadra. Ci sono una decina di giocatori dell’anno scorso, molti di quelli che hanno sorpreso tutti in positivo. Quest’anno stanno facendo fatica. Devono trovare ancora una fisionomia di squadra».
Quali giocatori potranno essere decisivi venerdì?
«Lasagna è un giocatore straordinario. Potrebbe cambiare la partita e fartela vincere. Ha potenza, vede la porta e non si risparmia. Sul fronte ospite, Iemmello ha qualità ed è forte. Non c’entra niente con la B. Anche lui può spostare gli equilibri».
Ai suoi tempi, il Bari giocava con una punta affiancata da un trequartista di qualità come Platt. Un po’ quello che succede oggi con Lasagna o Novakovich appoggiati dalla fantasia di Falletti.
«Quando disponi di elementi tecnicamente validi, puoi permetterti di utilizzare i trequartisti sotto punta. Nel mio Bari, in alcune partite giocavo come unico centravanti con Boban e Platt di supporto. Allora come oggi, ci riferiamo a giocatori molto bravi negli inserimenti. Adesso, in tanti giocano così. Oltre a Falletti, il Bari dispone anche delle doti di Sibilli, un altro ottimo giocatore. A me piace tanto».