BARI - Detto e fatto. Mattia Collauto è stato di parola. In un’intervista alla Gazzetta si era lasciato sfuggire che gli sarebbe piaciuto godersi una partita del Bari in casa. Sabato è arrivato in città, l’abbraccio con alcuni vecchi amici, la voglia di godersi una volta ancora la magia di una città innamorata di pallone. Compresa la cena con Fabio Sperduti, direttore del Liceo scientifico sportivo del Di Cagno Abbrescia e conoscenza risalente alla sua permanenza in biancorosso, dal 1999 al 2004. Camicia bianca, jeans, 50 anni portati benissimo.
Collauto, diciamo subito che la sua visita al «San Nicola» ha portato fortuna al Bari.
«E ne sono felicissimo. Bari mi è rimasta nel cuore, non mi stancherà mai di ripeterlo. Cinque stagioni intensi, ricchi di emozioni ma anche di momenti complicati. Però questa è una città che ti resta dentro. Perché è in grado di farti sentire a casa».
È arrivata la prima vittoria dei biancorossi. E anche una prestazione convincente.
«Direi che il risultato non fa una piega. Premiando la squadra che ha fatto di più e che ha sbagliato meno».
Se l’aspettava così la squadra di Longo?
«Sapevo che non sarebbe stato semplice dato il momento abbastanza difficile. E infatti all’inizio ho visto un Bari un po’ contratto. La partita era molto tattica, con il Mantova molto abile nella gestione del pallone ma poi mai realmente incisivo fatta eccezione per un paio di situazioni».
Longo l’ha letta benissimo. Pressione alta per togliere certezze alla compagine allenata dall’emergente Possanzini.
«Preparata bene e interpretata in modo altrettanto efficace. Mi è piaciuto molto Benali. Lucido e, al tempo stesso, capace di garantire corsa e intelligenza tattica».
Molto efficaci anche le mezzali, Lella e Maita.
«Di Lella vi avevo già detto visto che ha giocato nel Venezia e lo conosco abbastanza bene. È la classica mezz’ala, bravo negli inserimenti e in grado di garantire intensità e fisicità. Maita, idem. Peccato solo che a volte scelga di strafare. Lui è bravissimo nella riconquista del pallone, ma poi rischia troppo e cade in errori evitabili tipo toccare troppe volte il pallone e azzardare qualche lancio complicato».
Il Bari non ha mai perso equilibrio.
«Questo non sarà mai un dettaglio. La squadra ha saputo cavarsela in tutti i momenti della partita e, anche quando c’è stato da soffrire, è parsa in pieno controllo. Ho apprezzato la prestazione di Mantovani, al netto di un gol bellissimo. Difensore attento, ordinato, sempre sul pezzo».
Dopo cinque giornate è complesso parlare di obiettivi. Ma se un suo amico tifoso del Bari dovesse chiederle dove possono arrivare i biancorossi lei cosa risponderebbe?
«Anche in questo caso devo ripetermi. Quando giochi nel Bari devi giocare per vincere sempre. Credo che questo sia un buon gruppo. E in serie B quando metti insieme calciatori motivati parti con un vantaggio importante. È importantissimo scegliere. Ci sono tantissimi calciatori di categoria, da serie B. Ma se scovi quello che ha “fame” più degli altri sei a cavallo. Ogni anno fa storia a se. E capita che un calciatore che vale 7 possa rendere da 10».
Quello che è successo al Bari nelle ultime due stagioni.
«Perfetto. Due anni fa il Bari non aveva una squadra da serie A e nella passata stagione non era certo una rosa da playout. Prendiamo Aramu. A Bari sembrava “morto. Con il Mantova l’ho visto ancora bloccato. Eppure conme ha fatto la differenza. In serie B e anche in A ha fatto benone segnando nove gol. Forse è fragile, forse ha perso cazzimma. Chissà. Certo è che la partita si gioca proprio qui. Ripeto, scegliere il calciatore giusto fa la differenza. Al di là dei mezzi tecnici».
Tornando a casa cosa le è venuto in mente ripensando alla partita?
«Primo che è stato bellissimo vivere di nuovo uno stadio come il San Nicola. L’ho fortemente voluto e ci sono riuscito. Poi che il Bari può contare su una panchina importante. Penso che in campo c’erano Lasagna e Falletti e poi Longo ha potuto far entrare Novakovich. Senza contare che è fuori causa uno come Sibilli. C’è qualità, insomma. Allora, senza fare voli pindarici e sbandierare ai quattro venti ambizioni e obiettivi, credo che sia fondamentale fare una bella serie di risultati positivi. La serie B resta un torneo dove regna sovrano l’equilibrio. E basta pochissimo per fare il salto di qualità. Il primo, ne sono convinto, resta quello mentale. Come le riflessioni su Aramu confermano abbondantemente».