BARI - «È un momento di sofferenza, ma il Bari riuscirà a restare in serie B per poi programmare un grande futuro». Il sorriso di Nicola Ventola regala una ventata di ottimismo ai tifosi biancorossi. L’ex centravanti dei Galletti (12 gol in 44 presenze dal 1994 al ‘98, con una promozione in serie A nel ‘97) dovrebbe ripartire tra qualche giorno con un nuovo progetto «per parlare di calcio in libertà» con gli amici di sempre Daniele Adani e Antonio Cassano. Ma non perde di vista la sua squadra del cuore, ora impelagata nella lotta per tenersi stretta la caffetteria.
Nicola Ventola, si aspettava un’annata così in sofferenza per il Bari?
«Purtroppo un po’ lo temevo. Ripetersi dopo una stagione esaltante come quella scorsa, anche se conclusa male con la finale playoff persa, non sarebbe in ogni caso stato semplice. Ricordiamo che si veniva da un terzo posto in classifica: migliorare comportava concorrere per la promozione diretta e probabilmente non ci si è mossi con la necessaria convinzione per puntare così in alto. Poi c’è anche una motivazione tecnica: una squadra può anche essere stravolta, ma cambiare pressoché del tutto la spina dorsale della formazione base è complicato. Sono andati via un portiere che ha aggiunto tanti punti come Caprile, un uomo che dava verticalità e collegava centrocampo e attacco come Folorunsho, nonché Cheddira che non era soltanto il capocannoniere della squadra, ma anche l’attaccante che orientava l’intera manovra offensiva con la sua velocità. Purtroppo non sono stati sostituiti adeguatamente facendo perdere all’ intero gruppo le caratteristiche su cui si era lavorato nel biennio con Mignani».
Due soli punti di vantaggio sui playout a otto giornate dal termine della regular season: quanto servirà per evitare problemi?
«La situazione è complicata, inutile negarlo. I risultati non stanno arrivando anche un po’ per sfortuna, come è accaduto contro la Sampdoria in un match in cui nemmeno il pareggio sarebbe stato giusto per il Bari che aveva meritato l’ intera posta. Tuttavia, è inutile recriminare: occorrono 8-9 punti, dubito che chi insegue possa ingranare marce altissime data anche la grande competitività nella zona alta. Non è un’impresa impossibile, ma da adesso bisognerà lottare con il coltello tra i denti su ogni campo. Perciò, scacciamo la paura e combattiamo: fin da Modena».
Tre allenatori si sono avvicendati sulla panchina biancorossa: riuscirà Iachini a trovare la quadratura di un complesso che fatica in continuità?
«Inutile guardare a quanto è avvenuto prima. La società ha cambiato tecnici nella convinzione di avere una squadra che non stava rendendo secondo il suo potenziale. Ora c’è Iachini e non possono esistere dubbi sul suo valore. Secondo me è l’uomo giusto per avviare un progetto vincente. Ma ora serve a poco parlare di tattica o moduli: serve concretezza, personalità, coraggio. E sono convinto che Iachini riuscirà a fare comprendere al gruppo l’importanza della posta in palio».
Lo scorso anno è stato un grande sostenitore di Cheddira: che cosa pensa degli attuali attaccanti biancorossi?
«Sono innamoratissimo di Walid: è giovane, ha una velocità pazzesca abbinata a grande forza fisica, nonché un tempismo perfetto nell’attaccare gli spazi. Mi rivedevo molto in lui. Devo confessare che avrei voluto rivederlo ancora in biancorosso: avrei fatto qualche follia per trattenerlo. Diaw è diverso: forse ha più tecnica, ma è meno devastante. Sicuramente sarebbe stato prezioso per la causa e mi auguro che gli infortuni gli diano tregua. Nasti è una punta moderna: secondo me esploderà, ma a vent’anni non è facile districarsi in una piazza come Bari, soprattutto quando le cose non vanno bene. Io ne so qualcosa: nell’anno della promozione fummo contestati anche noi prima della grande rimonta finale. Puscas in questo contesto può diventare il riferimento: è completo, ha carattere, ma ora deve trovare i gol. Il grande vuoto lasciato da Cheddira è anche numerico: nessuno ha colmato il gap dei suoi 17 centri».
Ha avuto modo più volte di confrontarsi con Luigi De Laurentiis: come vive questo frangente il presidente biancorosso?
«Ogni tanto ci sentiamo. Luigi De Laurentiis è il presidente del Bari, scontato che su di lui gravino tutte le responsabilità e non ha mai voluto sottrarsi ai suoi doveri. Al punto da prendere persino le distanze in modo netto dalle dichiarazioni poco felici di suo padre. Non ha bisogno certo di avvocati, ma lui per primo è convinto delle potenzialità della piazza, della validità del progetto, ma soprattutto eil primo a pensare che il Bari non sia la seconda squadra di nessuno. Sicuramente ora sta soffrendo molto, il calcio non è nemmeno il mondo dal quale proviene. Ma il suo obiettivo resta portare il Bari in serie A. E sono certo che lotterà con tutte le forze per raggiungerlo».
Con Antonio Cassano parlate mai del Bari?
«Certamente. Antonio è molto riservato, ma Bari è la sua città, le sue radici sono incancellabili. Spesso ricordiamo i tempi in cui siamo stati calciatori, ma soprattutto ci poniamo puntualmente la solita domanda: come può una piazza del genere non essere stabilmente in serie A? La città lo meriterebbe di diritto per partecipazione, numeri, passione. Ma nel calcio tutto si conquista sul campo. Ora è troppo importante conservare la B faticosamente riconquistata dopo gli anni post fallimento. Poi dovrà partire una programmazione decisa a ottenere il salto di categoria ed al contempo le risorse per stabilizzarsi nel massimo campionato senza più compiere passi indietro. Perciò, faccio appello a tutti: scortiamo la squadra fino al traguardo senza complicarle il percorso: in un ambiente deluso, il pallone pesa molto di più. Uniamoci per il bene superiore. Poi arriverà il tempo di comunicare con chiarezza programmi e ambizioni».