FOGGIA - Il destino stavolta l’ha combinata grossa: si è divertito a far incontrare, lungo la strada dei playoff di Serie C, l’allievo e il maestro. Delio Rossi sfida Zdenek Zeman, domenica c’è Foggia-Pescara allo Zaccheria. Semifinale d’andata per la promozione in B. Per entrambi il passato che ritorna, con prepotenza. Sentimenti e ricordi che si mescolano, aggiungono pennellate di emotività e pathos ad un confronto già di per sé carico di attesa e adrenalina, tra due tifoserie che non si sono mai amate.
Rossi e Zeman, un tratto di vita insieme sui campi, a discutere di calcio e fumare sigarette. Entrambi devono tanto a Peppino Pavone, il ds che portò Zeman a Foggia e sempre a Foggia avviò Rossi alla carriera di allenatore. Ora sono avversari il romagnolo e il boemo, ma con un passato comune riempito di lunghi silenzi, voglia di cambiare il calcio e portarlo su sentieri nuovi, complicità, gioie e dolori, vittorie e sconfitte. Un legame che nasce quasi quarant’anni fa, a Foggia. Stagione di Serie C1 1986/87, il boemo è al suo primo anno sulla panchina dei «Satanelli» e in squadra c’è anche Rossi, con Fedele Limone che poi sarebbe diventato lo storico vice del tecnico romagnolo. Scocca in quel momento la scintilla che avrebbe portato qualche anno dopo Rossi, chiusa la carriera da calciatore, ad iniziare l’avventura da allenatore con i dilettanti del Torremaggiore, prima, e la Primavera del Foggia, poi. Ispirandosi proprio a Zeman, prendendo appunti, seguendo gli allenamenti del profeta di Praga che nel frattempo aveva fatto decollare, sul prato dello Zaccheria, la sua prima, vera, Zemanlandia. Idee di gioco, principi tattici, metodi di allenamento che stregarono Rossi. Il boemo ebbe un forte ascendente sull’allenatore originario di Rimini e foggiano d’adozione, che poi fu abile a metterci più di qualcosa di suo, a non restare vincolato pedissequamente ai dettami zemaniani: sviluppò una sua concezione del calcio, meno integralista di quella del boemo (dove il 4-3-3 è un dogma da cui non ci si scosta mai), e ad intraprendere un brillante cammino che l’avrebbe condotto a conquistare una promozione dalla C1 alla B, tre promozioni in A e a vincere una Coppa Italia.
Rossi e Zeman, in comune anche cinque club allenati, dagli anni ‘90 in seguito: Foggia, Salernitana, Pescara, Lecce, Lazio. Sarebbero sei includendo il Palermo, di cui però il boemo è stato tecnico solo delle giovanili. Un faccia a faccia che ritorna, per la prima volta in C, diverso tempo dopo gli ultimi confronti, in Serie A e B, di fine anni ‘90 e primi anni 2000: Roma-Salernitana, Lecce-Salernitana, Lecce-Atalanta. Bilancio in equilibrio per entrambi fra vittorie e sconfitte, ora un doppio incontro che infiamma i playoff di Serie C, catalizza l’attesa e le attenzioni legate alla «Final Four» per la B, rispetto all’altra semifinale Lecco-Cesena, meno carica di appeal.
Un incrocio che forse tutti e due, stavolta, avrebbero evitato. Perché si presenta come uno scontro fratricida, un duello che manderà una squadra in finale e fermerà la corsa-promozione dell’altra. Un ritorno allo Zaccheria che per Zeman arriva ad appena un anno dall’ennesimo divorzio dal club rossonero, una parentesi chiusasi in modo amaro a causa dei contrasti con il presidente dei dauni, Canonico. «Non me l'aspettavo di trovare il Foggia in semifinale - ha detto il boemo nel post-partita di Chiavari, dove il suo Pescara ha battuto l’Entella staccando il pass per le semifinali -. Se è arrivato alla “Final Four” vuol dire che l’ha meritato. A Foggia ci sono stato tante volte: otto campionati sulla panchina rossonera. Una città in cui mi sono sempre trovato bene e dove ho tanti amici, che ovviamente in quest’occasione non lo saranno perché tiferanno contro di me. Avrei preferito non incontrare il Foggia, non per la squadra ma per l’ambiente. Conosco il tifo foggiano, è molto focoso. Mi auguro siano entrambe partite di calcio, non di altro. Rossi? È stato un mio giocatore a Foggia in C, poi ha iniziato ad allenare ed ha fatto molto bene, a Salerno e altrove».
Delio e Zdenek. Sessantratré anni il primo, 76 il secondo. Ripartiti tutti e due qualche mese fa, dalla C. Perché carta d'identità e categoria sono un dettaglio, quando c’è passione, voglia di indossare la tuta e di allenare, un sogno da inseguire. Che ora si chiama promozione in B e agita la viglia di una sfida da elettrica, da urlo, che scriverà una nuova, emozionante, pagina nel lungo romanzo di sport e di vita scritto da due guru del calcio.