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Calcio, Pedone spiana la strada al Bari: «È più squadra rispetto al Como»

 
Davide Lattanzi

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Davide Lattanzi

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Caprile il portiere del Bari (foto Donato Fasano)

La parola al doppio ex: «Una piazza come quella biancorossa deve puntare almeno ai playoff. Pubblico top, mi tornano in mente tanti ricordi»

Giovedì 24 Novembre 2022, 12:58

BARI - C’era un tempo in cui il Bari pescava dal Como giovani destinati a grandi imprese. Dal campione del mondo Gianluca Zambrotta pluridecorato con Juventus e Milan, a Diego De Ascentiis e Luigi Sala approdati alla corte del Diavolo, per proseguire con Mauro Bressan (arrivato alla Fiorentina di Batistuta) o Paolo Annoni, protagonista in A non solo con i biancorossi, ma anche con il Lecce. Ma il primo acquisto del fortunato sodalizio fu Francesco Pedone, centrocampista «inesauribile» che si mise in luce con i lariani 84 presenze e sei reti dal 1990 al ‘93) per poi diventare un pilastro dei Galletti che dal 1993 al ‘96 centrarono una promozione in A, una brillante salvezza nel massimo campionato ed un ritorno in B che, a distanza di tanti anni, ancora fa discutere. Domenica i due club si ritroveranno da avversari e Pedone, che, dopo aver indossato le maglie di Reggiana, Venezia e Sampdoria, è diventato affermato tecnico di settore giovanile (sette anni alla Sampdoria, cinque alla Juventus ed ora allenatore dell’under 18 del Sassuolo), racconta il match da doppio ex di lusso.

Francesco Pedone, Como e Bari di fronte: che ricordi porta nel cuore?
«Torno indietro ad un periodo bellissimo. Le due società per anni hanno dato vita a fortunati affari di mercato. Il Como negli anni ‘90 aveva un settore giovanile invidiato ovunque in Italia. Carlo Regalia, da straordinario dirigente qual è sempre stato, andava in prima persona a visionare i migliori talenti lariani e, in effetti, io fui rappresentai il primo trasferimento tra i due club in quell’epoca. Al Como sarò sempre grato: è stata la società che mi ha formato, il Bari, invece, rappresenta il primo approccio nel calcio dei grandi. L’avventura in biancorosso fu straordinaria, anche se con un grande rimpianto».
A cosa si riferisce?
«Ad un’escalation ingiustamente interrotta. Il Bari doveva ridimensionare le spese dopo l’infausta retrocessione dalla A del ‘92 e il tentativo fallito di immediata risalita. Nel 1993 partimmo a fari spenti, ma centrammo la promozione con un gruppo meraviglioso che si confermò anche in A. La seconda stagione nel massimo torneo, però, portò ad una retrocessione in B, malgrado Protti capocannoniere del campionato e tanti grandi calciatori in squadra: Kennet Andersson, l’indimenticabile Ingesson, Gerson, Fontana, Gautieri. Incappammo in una serie di episodi incredibili. Con il Var non saremmo mai scesi in B. Ma il Bari è rimasto nel mio destino: qui al Sassuolo ho ritrovato due baresi doc come Francesco Palmieri che è il responsabile del settore giovanile ed Emiliano Bigica, tecnico della Primavera».

Como-Bari nell’attualità: come vede le due compagini?
«Si tratta di due società emergenti che sono risalite dai rispettivi fallimenti grazie a proprietà molto ambiziose, sebbene diverse nella loro natura. Il Bari, con la famiglia De Laurentiis, è guidato da manager ormai all’apice del calcio italiano: pur essendo una matricola, la squadra ha un potenziale quantomeno da playoff ed un pubblico unico. Il Como, invece, può contare su una delle proprietà più ricche del panorama mondiale, sebbene debbano ancora completare l’apprendistato nel nostro contesto. Non a caso, malgrado gli investimenti onerosi profusi in estate, la squadra lombarda sta incontrando notevoli difficoltà: ora i lariani devono innanzitutto pensare a blindare la categoria».
Quali possono essere gli ingredienti dello scontro diretto di domenica?
«Il Bari è favorito. Conta su un collettivo ben definito, con una precisa identità. I Galletti vengono da un periodo poco fortunato sul piano dei risultati, ma il gioco non è mai mancato. Proprio la forza del gruppo può essere l’arma vincente contro un complesso che, invece, non è ancora diventato squadra. Il Como, però, non può essere preso sottogamba: Cutrone, Cerri, Mancuso, Parigini, Fabregas possono trovare in qualsiasi modo giocate decisive».
Ha dedicato la sua carriera post agonistica ai giovani: ne vede di interessanti nelle due compagini?
«Il Como nel nuovo corso societario deve un po’ ritrovare le sue origini di società esemplare nel formare talenti. Nel Bari si sono messi in luce Caprile e Cheddira: entrambi possono ambire ad una carriera di primo piano, a patto di rispettare i loro tempi di crescita. Caprile è un portiere con doti atletiche e reattività notevoli, ma, data la delicatezza del ruolo, per arrivare in alto ha bisogno di fare esperienza. Cheddira si è meritato addirittura il Mondiale, ma è pur sempre un esordiente in B: deve confermare l’exploit di questo avvio di stagione. La politica del ds Polito, però, è giusta: oggi più che mai il calcio ha bisogno dei giovani. E il Bari può diventare un baluardo di questo credo perché chiunque vorrebbe misurarsi in una piazza così speciale».

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