BARI - Lorenzo Bozzi, classe 2002, nato a Bari e cresciuto nella vicina Bitetto. Maturità Scientifica acquisita, ma soprattutto una grande passione per il calcio che lo ha portato a diventare uno dei punti di riferimento de L'Aquila, formazione in lotta per la vittoria del campionato di Eccellenza abruzzese. La sua storia è comune a tanti altri giovani calciatori pugliesi, costretti a lasciare la regione di appartenenza perché si continua a puntare poco sui settori giovanili, e sui talenti che essi possono generare col tempo. Lorenzo ha mosso i primi passi come portiere nel settore giovanile del Bari, per poi passare al Monopoli, quando il fallimento portò alla scomparsa dello storico club biancorosso. Il suo esordio nel calcio che conta è avvenuto nella passata stagione agonistica, con la maglia dell'Altamura in serie D. Poche presenze che gli hanno permesso di farsi conoscere. Quest'anno, invece, la proposta da L'Aquila che ha deciso di puntare su un portiere giovane ed ambizioso.
“Il fallimento del Bari ha spento la luce sul movimento giovanile del calcio a livello regionale – dice Bozzi -. La mia esperienza personale, così come quella di tanti altri compagni di viaggio, mi porta a dire che in Puglia c'è tanto da fare. Con il Bari, c'era una struttura, un corposo e qualificato staff tecnico e una precisa volontà societaria alla base di uno dei più importanti progetti di calcio giovanile italiano. Adesso oltre al Lecce, si vedono solo iniziative a breve durata che non permettono di far germogliare il talento del futuro. Bene anche il settore giovanile del Monopoli, ma speriamo che le realtà di moltiplichino, così come le strutture che sono fondamentali. Bisogna investire di più, dalle istituzioni alle società”.
Come ti trovi a L'Aquila?
“Non potevo fare scelta migliore. Mi sono subito ambientato nella squadra, e poi sono affascinato da una città che è rinata e sta continuando a rinascere dopo il terremoto che l'ha distrutta. Penso che questa esperienza possa essere il giusto trampolino di lancio per me, quindi ce la sto mettendo tutta”.
La tua famiglia ti ha sostenuto in questa passione e nelle tue scelte?
“E' sempre stata al mio fianco e adesso i miei genitori e mio fratello sono i primi tifosi. In realtà, la mia mamma voleva che facessi nuoto, anche perché non sopportava che tornassi a casa inzuppato di fango per le partite fatte nel campo in terra battuta vicino casa. Ma il calcio ce l'avevo nel sangue e ho continuato per la mia strada. Il sostegno della famiglia non è mai mancato perché ha sempre creduto nello sport. Mio fratello, per esempio gioca a rugby in Emilia, mentre il mio papà organizza un torneo di calcio amatoriale molto famoso nell'interland barese”.
Ti piacerebbe indossare un giorno la maglia del Bari?
“Confesso che questo è il mio sogno. Ma penso sia il sogno di tanti ragazzi pugliesi, a maggior ragione per chi come me è cresciuto nel settore giovanile biancorosso e ha frequentato i gradoni della curva del San Nicola”.
Ci sono dei club di categoria superiore che ti stanno monitorando. Vorresti tornare in Puglia a giocare?
“Mi piacerebbe tornare nella mia terra, ma devo fare le scelte più consone alla mia crescita professionale. In questo momento sono a L'Aquila e con una società solida e ambiziosa, penso solo a fare bene qui. Questa esperienza mi sta temprando e sta ponendo le basi per migliorare in futuro. Speriamo di raggiungere la serie D e di essere confermato”.
A chi ti ispiri come portiere?
“Da piccolo e da tifoso sfegatato del Bari, il mio idolo era Gillet. Ricordo che mi ero fatto comprare gli stessi guanti che usava lui e cercavo di emularlo. Ricordo anche di aver pianto, quando in curva lo fischiavano perchè coinvolto in faccende che con il calcio contano poco”.
C'è solo il calcio nella tua vita?
“Il calcio è adesso la mia vita, ma vorrei continuare a studiare per costruirmi anche una vita dopo il calcio. Mi sono iscritto, infatti, alla facoltà di Scienze Motorie a L'Aquila per raggiungere anche un titolo di studio che mi permetta di restare nel mondo sportivo”.