Domenica 14 Settembre 2025 | 15:26

Anche un imprenditore edile vittima del racket dei tuturanesi

 
Fabiana Agnello

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Fabiana Agnello

Anche un imprenditore edile vittima del racket dei tuturanesi

Incendio al Domus Cafè, Attanasi riconobbe uno dei due attentatori da un tic

Domenica 14 Settembre 2025, 12:21

Non solo l’estorsione all’imprenditore leccese, proprietario di 97 ettari di terreno in agro di Tuturano, ma anche la richiesta di pizzo a un imprenditore edile che opera nei comuni di Cellino San Marco e Mesagne. È quanto emerge dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere di oltre 230 pagine, firmata dal gip di Lecce Maria Francesca Mariano e richiesta dal pm antimafia Carmen Ruggiero, che ha coordinato l’attività d’indagine della squadra mobile di Brindisi. L’oggetto è la guerra interna alla frangia tuturanese della Sacra corona unita: da una parte la vecchia guardia del clan Buccarella-Attanasi, dall’altra le giovani leve del clan Martena. Quel Raffaele Martena (estraneo a questa indagine ma già condannato per associazione mafiosa) la cui ascesa criminale si è consumata proprio nella consorteria degli storici boss Salvatore Buccarella e Umberto Attanasi. Il provvedimento del gip, oltre ad aver confermato il carcere per Buccarella (ristretto nella casa circondariale di Secondigliano), per Umberto Attanasi e il figlio Pasquale e per Vincenzo Schiavone, ha individuato un quinto indagato in Stefano Malerba, che dovrà rispondere di estorsione consumata in concorso con Umberto Attanasi e il figlio Pasquale. Dalle intercettazioni è emerso che Buccarella chiedeva ad Attanasi il resoconto dell’attività estorsiva nel brindisino e che avrebbero raccolto la somma di 2mila euro anche da un altro imprenditore edile che lavora a Cellino San Marco e Mesagne e che doveva versargli altri soldi. Quell’estorsione era stata poi divisa tra i sodali e le parenti di Buccarella. E, a proposito di queste ultime, dall’ordinanza emerge come le donne della famiglia seguano le dinamiche e le pianificazioni delle attività estorsive e anche delle ritorsioni contro gli appartenenti al clan rivale Martena. Come accaduto in occasione del summit del giorno di Natale del 2024 avvenuto tra Buccarella e Attanasi padre e figlio, nel corso del quale a una delle donne presenti viene chiesto se avesse ricevuto parte degli incassi delle estorsioni. Infatti, come accertato anche nel 2010, i parenti di Buccarella, comprese le donne della famiglia, attraverso i colloqui in carcere facevano da tramite tra il boss detenuto e il gruppo che doveva eseguire i suoi ordini. Dunque, nel corso degli anni - viene ricostruito sempre nell’ordinanza - i familiari sono stati in grado di reggere le sorti del sodalizio nella gestione degli affari illeciti.

Le parenti si lasciano andare anche a commenti e analisi con un’amica e la figlia di questa sull’attentato incendiario al Domus Cafè, rilevando quanto Buccarella fosse arrabbiato e, in particolare, sull’atteggiamento arrogante di una donna vicina al gestore dell’altro bar di Tuturano, ritenuto luogotenente di Raffaele Martena. Arroganza, a detta della familiare di Buccarella, che presto le sarebbe passata perché il clan stava mettendo a punto una spedizione punitiva per vendicare l’affronto al luogo storico d’incontro della consorteria dei vecchi boss.

Secondo il materiale raccolto dai poliziotti della squadra mobile, uno dei proprietari del Domus Cafè, subito dopo l’incendio, chiamò un parente di Buccarella per chiedergli di aiutarlo a trovare i responsabili. Pasquale Attanasi, poi, dai video delle telecamere del bar avrebbe riconosciuto i due giovani tuturanesi autori dell’attentato, che hanno agito a bordo della moto. Uno lo avrebbe individuato da un tic e in quel periodo viveva lontano da Tuturano: per questo, Attanasi lo avrebbe contattato per farlo tornare a Tuturano così da chiedergli chi fosse il mandante. E, sempre secondo Attanasi, si tratterebbe dello stesso ragazzo che avrebbe messo un ordigno sotto casa di Lucio Annis, di San Pietro Vernotico. Il giovane, tra l’altro, secondo la ricostruzione di Attanasi sarebbe stato protetto per l’occasione proprio dal clan Buccarella, che l’avrebbe tirato fuori dai guai. L’altro sulla moto sarebbe, sempre secondo Attanasi, il figlio di una persona affiliata al clan Bruno di Torre Santa Susanna. I cinque arrestati sono in attesa di essere ascoltati dal gip di Lecce. Salvatore Buccarella, è assistito dagli avvocati Vito Epifani e Gabriella Di Nardo; Umberto Attanasi e il figlio Pasquale sono assistiti dai legali Laura Beltrami e Giampaola Gambino; Vincenzo Schiavone è difeso dall’avvocato Danilo Di Serio. Stefano Malerba è assistito dal legale Anna Maria Caracciolo del foro di Lecce.

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