BRINDISI - Euroapi potrebbe cedere il sito produttivo di Brindisi. Lo stabilimento biochimico produce principi attivi farmaceutici (gli Api, Active pharmaceutical ingredients) e conta circa 220 dipendenti. Euroapi, che ha il suo unico stabilimento italiano a Brindisi, è nata da una scelta di politica industriale della ex casa madre Sanofi, che detiene il 29,8 per cento di partecipazione.
L’obiettivo del gruppo francese è di porsi come alternativa europea in un mercato, quello degli Api, largamente dominato da ingredienti prodotti in India e Cina. Il Covid-19 ha infatti evidenziato la necessità di rafforzare la catena di approvvigionamento di principi attivi e prodotti farmaceutici essenziali nei paesi occidentali.
Nello stabilimento di Brindisi, però, l’operazione non è riuscita al meglio. Infatti, Euroapi ha comunicato nelle scorse ore che, «alla luce della rifocalizzazione della strategia commerciale della società sugli Api a valore aggiunto e della significativa diminuzione dei volumi di Sanofi, i siti di Haverhill e Brindisi sono considerati per la cessione».
Seppure nel 2023 le vendite nette globali siano risultate in crescita del 3,8 per cento, nel 2024 è prevista una diminuzione tra il 4 e il 7 per cento delle vendite nette su base comparabile, in particolare trainata da una diminuzione delle vendite a Sanofi.
Oltre ad aver risentito della sostanziale dipendenza da Sanofi, lo stabilimento brindisino paga anche lo scotto della decisione assunta dai vertici di Euroapi di «sospendere 13 Api con margini bassi o negativi, tra cui alcune piccole molecole complesse prodotte a Francoforte ed a Brindisi». Per tenere conto degli impegni contrattuali e dei vincoli normativi di Euroapi, comunque, «questi Api saranno gradualmente eliminati tra il 2026 e il 2027».
L’antieconomicità dello stabilimento brindisino è stata riscontrata attraverso un test di svalutazione - basato sul piano strategico 2024-2027 - sul valore delle attività della società. Nello specifico, per il sito di Brindisi è prevista una «svalutazione di 48,6 milioni di euro, innescata dalla sospensione di alcuni Api (ad esempio la Spiramicina) e sottoattività prevista su altre linee di produzione».
In verità, già da alcuni mesi i sindacati erano in stato di pre-allarme. Ad ottobre del 2023, infatti, parlarono di una «pesantissima situazione preannunciata nel corso del consiglio d’amministrazione del 9 ottobre, a Parigi, nel quale è stata resa nota agli azionisti la previsione di un significativo rallentamento del fatturato per il 2023. Con questo scenario - informavano i sindacati - il cda ha avviato una revisione strategica (prendendo tempo fino a fine febbraio 2024 per concretizzarla) e ha deciso, in questo lasso di tempo, di sospendere gli obiettivi a medio termine 2023-2026. Questa situazione di fatto ha provocato il crollo del titolo in borsa di circa il 60 per cento (valeva oltre 12 euro, adesso meno di 5 euro)». Puntualmente, a fine febbraio è giunto l’esito della revisione strategica, che prevede la cessione del sito di Brindisi.