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Ceglie Messapica, ecco la ricercatrice che ricava la pelle dai funghi

 
Adele Galetta

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Adele Galetta

Ceglie Messapica, ecco la ricercatrice che ricava la carta dai funghi

Nei laboratori della BioFaber, i ricercatori made in Puglia fanno fermentare funghi e batteri attraverso un processo produttivo da cui sintetizzano la cellulosa nanostrutturata

Mercoledì 26 Febbraio 2020, 19:03

19:40

BRINDISI - Ha usato un esempio semplice, Mariangela Stoppa, la ricercatrice di Ceglie Messapica: “Hai presente quando le nostre mamme rigenerano il lievito? Più o meno il mio lavoro è così.” E si perché nei laboratori della BioFaber, i ricercatori made in Puglia fanno fermentare funghi e batteri attraverso un processo produttivo che avviene in coltura acquosa arricchita di zuccheri di scarti alimentari, come melasse, sanse, acque di vegetazione delle olive, come materie prime seconde, dalle quali i microorganismi sintetizzeranno la cellulosa nanostrutturata. Biofaber si configura come una realtà dinamica e flessibile che coniuga la tradizionale vocazione imprenditoriale italiana all’innovazione tecnologica e al design bioispirato per sviluppare materiali ecocompatibili. Biofaber nasce dall’unione di più menti creative e da un’intensa collaborazione con l’Università del Salento e l’associazione BioDesArt (vincitrice del concorso Principi Attivi 2012 Giovani Idee per una Puglia Migliore). Il team è composto dal Prof. Antonio Licciulli docente alla Facoltà di Ingegneria con la collaborazione di colleghi indiani (Sanosh Kunjalukkal Padmanabhan e Sudipto Kumar Pal, entrambi chimici), la biotecnologa Rossella Nisi e Concetta Martucci e Pasquale Cretì ricercatori del CNR IMM di Lecce e Carmelo Protopapa chirurgo estetico. In questo team c’è la co-fondatrice 38enne Mariangela Stoppa che, da alcuni anni, e dopo un Master in Eco-Design ed Eco Innovazione ed un dottorato di ricerca nelle Marche in Architettura e Disegno sperimentale ed un “contatto ravvicinato” con la natura che ha tracciato la strada della ricerca “Il periodo del dottorato mi ha permesso di studiare e comprendere quali tecnologie e materiali potevano essere sostenibili – afferma Mariangela. Il processo produttivo della cellulosa batterica, ad esempio, ha un basso impatti ambientale perché riutilizza scarti alimentari e non utilizza sostanze chimiche tossiche.

L’innovativo processo produttivo del biopolimero nanostrutturato è quello di una bio-fabbrica, poiché i microorganismi diventano fabbriche in miniatura in grado di auto-assemblare il polimero utilizzando una bassa intensità di energia e materia ed un alto potenziale rigenerativo. La parola chiave, in tutto ciò, è “rigenerazione”, che oggi vediamo associata in molti ambiti disciplinari dall’agricoltura all’ architettura. Il vecchio che diventa nuovo. Oggi abbiamo aggiunto più consapevolezza a ciò.” Nel 2014 BioFaber vince il primo premio della Start Cup Puglia, per il settore industrial, con il progetto Green Skin, un biomateriale con carattere, percezione tattile e visiva paragonabili alla pelle animale e sintetica. “Ovviamente siamo nella fase di ricerca– continua Mariangela – e dare una direzione più concreta significa trovare chi crede in questa ricerca.” Un medico ci ha creduto e ha finanziato la società nell’ambito del biomedicale e sono “così iniziate le prime collaborazioni con vari ricercatori e imprese, che ci hanno consentito di indagare l’impiego della cellulosa batterica in vari settori: design, moda e biomedicale.” Nel settore del biomedicale, la cellulosa batterica si presta come scaffold e bende per la rigenerazione dei tessuti umani. In questo ambito sono in atto degli studi, coordinati dalla Prof.ssa Delia Franchini (della Sezione di Chirurgia del Dipartimento di Medicina Veterinaria di Bari), per la valutazione dell’efficacia di una crema, arricchita da olii naturali con proprietà antibatteriche e cicatrizzanti. Gli olii utilizzati per il medicamento è il MIX 557 brevetto ENEA (la Dott.ssa Fiorella Carnevali dell’ENEA inventrice, insieme al dott. Van DerEsch) che in associazione alla pasta di cellulosa, sono stati applicati su ferite spontanee negli animali da compagnia, quali cani e gatti ma anche selvatici come tartarughe marine e volatili. Gli studi hanno dimostrato che i tempi di cicatrizzazione sono inferiori e non si creano cheloidi. Nel settore dell’elettronica, la cellulosa batterica viene utilizzata come supporto per realizzare micro-sensori o batterie. Mentre nell’ambito della conservazione e restauro del legno antico, la cellulosa batterica è adottata per rinforzare il legno ritrovato in ambiente marino. Certo, sono filoni molto embrionali per i quali servono finanziamenti per vedere il lavoro finito ed i soldi non piovono dal cielo. C’è, sicuramente, un potenziale interessante al sud per i ricercatori liberi professionisti, l’importante è la collaborazione tra più realtà, con l’associazione BioDesArt stiamo costruendo delle reti di collaborazione rivolte ad idee eticamente, socialmente, ambientalmente ed economicamente orientati a valorizzare l’identità del territorio. “L’impegno è di tutelare e valorizzare la biodiversità – conclude Mariangela – la natura è da sempre fonte di ispirazione grandissima, per questo bisogna averne cura e rispetto altrimenti ci autoeliminiamo.”

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