TRANI - Atteggiamenti di certo sconvenienti ma posti in essere senza intenti libidinosi. È questa, in estrema sintesi, la motivazione con la quale i giudici del Tribunale di Trani (presidente e relatore Sara Pedone, a latere Giada Azadi e Luigi Camporale) hanno assolto un professore di educazione fisica dall’accusa di atti sessuali ai danni di alcune allieve minorenni.
La vicenda risale al 2019, quando il docente prestava servizio in una scuola superiore in un centro della provincia di Bari. Nell’indagine non si parla di vere e proprie molestie ma più che altro di gesti inopportuni. Come quello di aver spinto una studentessa di 15 anni in direzione del pallone, poggiando la mano sulla parte alta del fondoschiena. In un’altra occasione, a fronte della richiesta di un’allieva di poter utilizzare il telefono cellulare, l’avrebbe invitata a recarsi nello spogliatoio, introducendosi anche lui e chiudendo la porta dietro di sé: il professore avrebbe poi messo la mano sul fianco della ragazza, spingendola verso il bagno dove la stessa aveva chiesto di andare. Infine un altro episodio, sempre durante la lezione: l’uomo si sarebbe avvicinato da dietro ad un’allieva che stava per effettuare una battuta, appoggiando il suo corpo contro la sua schiena. Quattro le presunte vittime, che si sono costituite parte civile.
All’epoca dei fatti la scuola aveva comunicato l’accaduto alla Procura ma anche al provveditorato: era stato aperto un procedimento disciplinare, concluso con un’archiviazione. L’uomo, sentito a verbale, aveva categoricamente negato gli addebiti.
Nel corso dell’incidente probatorio è stata ascoltata la ragazzina che era rimasta chiusa nello spogliatoio con il professore. Al riguardo, la giovane ha dichiarato di non aver notato alcun atteggiamento particolare da parte dell’imputato «ma di essere comunque entrata nel panico, rimanendo interdetta su cosa fare, nonchè di aver sentito altre alunne lamentarsi dei comportamenti serbati dal predetto che, in alcune occasioni, aveva accarezzato le mani delle allieve o le aveva toccate in posti sconvenienti».
Alla fine, le presunte vittime sostengono tutte che sì, quei gesti ci siano stati, ma che non ci sarebbe stata malizia. Ed è per questo che lo stesso pubblico ministero aveva chiesto l’assoluzione dell’imputato «perché il fatto non costituisce reato».
«Le persone offese - si legge in sentenza - non hanno mostrato alcun segno di astio o rancore nei confronti dell’imputato, dipinto da loro stesse come un bravo docente». E ancora: «Non appare nella specie superabile ogni perplessità ed incertezza sul fatto che la narrazione della vicenda resa dalle persone offese possa essere stato il frutto d’una percezione falsata circa il reale svolgimento dell’accaduto, senza che ciò comporti l’affermazione che la narrazione dei fatti delle predette (cui non va disconosciuta coerenza interna, univocità e intrinseca buona fede) abbia avuto caratteristiche menzognere».
I testimoni della pubblica accusa, poi, con le loro dichiarazioni hanno consentito «di far emergere l’immagine di un professore ligio al dovere, che mai aveva dato problemi o ragione di sospetto alcuno (...). Del resto l’immagine che avevano conservato le alunne, pur dopo gli episodi riferiti, era rimasta sempre positiva, né l’imputato alla fine dell’anno aveva riservato loro un trattamento di ripicca assegnando loro un cattivo voto in pagella».
«Invero - concludono i giudici - è plausibile ritenere che l’imputato, avvicinandosi alle vittime, inavvertitamente, abbia finito per serbare atteggiamenti certamente sconvenienti, con gesti che devono tuttavia ritenersi casuali ed involontari, senza avere l’intenzione di far loro subire un atto sessuale non dovuto. In sostanza, è verosimile che le ragazze abbiano interpretato, equivocando, in malam partem, quello che è stato un fortuito toccamento, causato dalla vicinanza dei due soggetti, ed esasperato nelle loro menti gli atteggiamenti - pur certamente sconvenienti - serbati dal docente».