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«Pressioni di Capristo sulla pm», la Procura di Potenza chiede 6 anni

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

«Pressioni di Capristo sulla pm», la Procura di Potenza chiede 6 anni

L'accusa nei confronti dell'ex procuratore di Trani: «Voleva favorire tre imprenditori amici». Sentenza il 20 dicembre

Giovedì 19 Ottobre 2023, 10:47

BARI - Carlo Capristo aveva messo su «un sistema» per favorire i propri amici in una logica di «do ut des» grazie a cui avrebbe ricevuto numerosi favori. Ed è anche per questo che nonostante un’imputazione più lieve di quella iniziale, la Procura di Potenza ha comunque chiesto la condanna a sei anni (e senza attenuanti generiche) per l’ex numero uno della Procura di Trani, accusato di tentata induzione indebita (rispetto alla più grave tentata concussione iniziale) e falso ideologico: da un lato le pressioni su una giovane collega, dall’altro i bollettini di servizio del suo autista ritenuti non veritieri.

Le conclusioni dell’accusa sono state formulate ieri dal sostituto Anna Gloria Piccininni e dal procuratore Francesco Curcio, che hanno depositato una memoria di 307 pagine dura nei toni e nei contenuti. Tramite il poliziotto-autista Michele Scivittaro (che ha patteggiato 2 anni), Capristo avrebbe avanzato «richieste palesemente illecite» alla pm Silvia Curione per salvare i tre imprenditori Giuseppe, Cosimo e Gaetano Mancazzo «da una procedura esecutiva»: per i tre fratelli l’accusa ha chiesto quattro anni.

Inizialmente le pressioni del poliziotto sulla Curione sono finite in un fascicolo aperto dal successore di Capristo, Antonino Di Maio. Il magistrato romano ne aveva chiesto l’archiviazione, ma il gip di Trani, Mariagrazia Caserta, l'aveva rigettata fissando l'udienza camerale (se la avesse accolta, molto probabilmente l'episodio sarebbe stato dimenticato). E così il fascicolo venne poi avocato dalla Procura generale di Bari, con l'avvocato generale Angela Tomasicchio, e da qui mandato alla Procura di Potenza (perché nel frattempo Capristo era passato a guidare la Procura di Taranto). A maggio 2020 scattarono le misure cautelari, con Capristo tenuto per due mesi ai domiciliari. Per Di Maio era stato invece chiesto il divieto di dimora, richiesta revocata dopo il suo trasferimento (la sua posizione è nel frattempo stata archiviata).

Curcio ha esaltato il contegno tenuto dalla Curione e dal marito, il pm barese Lanfranco Marazia (all’epoca sostituto a Taranto con Capristo): «Hanno avuto il coraggio di denunciare fatti da cui avrebbero potuto ricavare solo guai». Marazia, in particolare, è stato «irreprensibile» perché nonostante il cambiamento di atteggiamento di Capristo nei suoi confronti ha continuato a lavorare senza chiedere nulla: «Vorrei proprio sapere - ha detto Curcio - chi informò Capristo che Marazia era stato convocato da noi a Potenza per essere sentito in maniera riservata».

I fatti risalgono all’aprile 2018. L’accusa di tentata induzione indebita («Perché non ci fu costrizione, ma fu implicitamente prospettata la possibilità di incorrere in danni ingiusti») è motivata - secondo la Procura di Potenza - dall’intervento indiretto fatto da Capristo sulla Curione. L’ex capo voleva che la collega («Bambina mia») mandasse avanti una denuncia per usura, così da evitare che i Mancazzo fossero sottoposti a una procedura esecutiva. La pm Curione ha però fatto l’esatto opposto, chiedendo l’archiviazione della denuncia presentata dai tre imprenditori in quanto ritenuta infondata. E - così come il marito, che già aveva segnalato a Potenza irregolarità da parte di Capristo nella gestione di un altro fascicolo - non ha mai girato la testa dall’altro lato.

Le accuse di falso e truffa emergono invece dalle intercettazioni e dalle successive indagini della Finanza. Capristo - secondo l’accusa - avrebbe sostanzialmente avuto a disposizione un autista per le sue esigenze personali. «Scivittaro - ha detto Curcio - faceva i suo comodi e soprattutto quelli del procuratore, che avallava le sue richieste di straordinario non potendo fare altrimenti perché si era reso ricattabile come ogni capo di ufficio che usi i dipendenti per fare i fatti suoi». Le difese concluderanno il 22 novembre: Capristo ha sempre negato qualunque tipo di pressione indebita. Il 20 dicembre la sentenza.

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