POTENZA - Nessuna eccellenza, ma un livello di conformità agli standard delle cure che, in oltre il 60 per cento dei casi, viene giudicato «basso o molto basso». È quanto emerge sulla chirurgia oncologica nelle strutture sanitarie pubbliche lucane dal rapporto «Qualità degli Outcome clinici degli Ospedali italiani 2023», presentato, ieri, a Roma e realizzato dall’Agenas (l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) e dall’Aiop (l’Associazione italiana ospedalità privata). Lo studio propone, sulla base dei dati del Programma nazionale esiti (Pne) una valutazione comparativa tra le strutture di diritto pubblico e quelle di diritto privato del Servizio sanitario nazionale, basata su 7 aree cliniche. Per l'area del sistema cardiocircolatorio, in Basilicata, il 17 per cento delle strutture sanitarie pubbliche offre cure di qualità elevata mentre il 67 per cento delle strutture ha livelli di conformità agli standard di qualità che vengono ritenuti «bassi o molto bassi». Questo mentre - a differenza di altre regioni - non ci sono valutazioni sulle strutture sanitarie private.
Sul fronte oncologico, invece, sempre la Basilicata registra uno dei segnali di miglioramento rispetto ai tempi di attesa: per quanto riguarda i dati di variazione tra il 2021 ed il 2022 si è registrato un miglioramento in positivo del 25,6 per cento.Uno dei valori più alti in Italia se si considera che la Lombardia registra ( un più 3,6 per cento),Bolzano (più 8,8 per cento) Umbria (più 3,2 per cento) Valle d’Aosta ( più 0,7 per cento) e Campania (più o,2 per cento). Questo mentre tutte le altre regioni hanno segno negativo, con picchi per Molise( meno il 15,7 per cento), il Friuli Venezia Giulia (meno 10,4 per cento), Marche (meno il 6 per cento), Abruzzo (meno 5,8 per cento).
Un quadro maggiormente positivo per la Basilicata si registra anche nell’area cardiocircolatoria con il 17 per cento delle strutture sanitarie pubbliche che raggiungono livelli di qualità agli standard che vengono definiti «alti o molto alti». Un aspetto positivo, dunque, il cui rovescio della medaglia è, però, il 67 per cento delle strutture pubbliche che registrano livelli di qualità inferiori ritenuti «bassi o molto bassi». Luci ed ombre, dunque, che disegnano una sanità diversificata anche tra Nord e Sud.
Basti pensare, ad esempio, che per la chirurgia generale, al Centro le strutture di diritto pubblico con qualità alta sono il 67 per cento, contro il 53 per cento tra quelle di diritto privato, mentre al Sud le rispettive proporzioni sono di 35 per cento e 49 per cento. O ancora che nell’area parto c'è una forte divaricazione tra il nord ed il Sud del Paese: al Nord il 56 per cento delle strutture private ha livelli di qualità alta contro il 15 per cento del Sud, mentre le strutture accreditate di qualità bassa sono il 22 per cento al Nord e ben il 75 per cento al Sud.