Venerdì 24 Ottobre 2025 | 17:01

Santoruvo, vecchia anima Bari: «Questa maglia non è per tutti»

Santoruvo, vecchia anima Bari: «Questa maglia non è per tutti»

 
pierpaolo paterno

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pierpaolo paterno

Santoruvo, vecchia anima Bari: «Questa maglia non è per tutti»

L'intervista all'ex attaccante pugliese, bandiera nei primi anni Duemila

Venerdì 24 Ottobre 2025, 13:19

Quando si parla di Bari e Mantova, la memoria dei tifosi biancorossi corre al nome di Vincenzo Santoruvo. L’ex attaccante pugliese, bandiera nei primi anni Duemila, fu implacabile giustiziere dei virgiliani al «San Nicola», segnando due gol decisivi in due sfide distinte. Un 1-1 il 5 ottobre 2005 ed un 2-0 il 25 settembre 2007 regalando al Bari quattro punti d’oro in serie B. Un bottino che oggi, in un contesto drammaticamente diverso, avrebbe un valore inestimabile.

A distanza di quasi due decenni, il destino rimette di fronte Bari e Mantova, ma in uno scenario ribaltato e inatteso. La partita di domenica prossima, infatti, non sarà uno scontro d’alta classifica. Ma una vera e propria sfida salvezza, un’onta che la piazza fatica ad accettare. Partendo da quei ricordi di vittorie e pareggi pesanti, Santoruvo si concentra sull’attualità bruciante del Bari a poche ore dal personale amaro epilogo sulla panchina del Matera appena ritiratosi dal campionato di Eccellenza.

Santoruvo, vent’anni fa ha segnato due gol pesanti contro il Mantova. Che ricordi ha di quelle partite? Erano anch’esse gare “sentite” o si percepiva meno la pressione di oggi?

«Al momento sono amareggiato per quanto successo a Matera (Città dei Sassi che si ritira dall’Eccellenza, ndc), con la squadra partita forte. Vedi i migliori attacco e difesa del torneo e la semifinale di Coppa Italia. Un dispiacere enorme. Rispetto ai gol al Mantova, ricordo quello importante dell’1-1 in avvio di ripresa in una situazione difficile. La Curva era in protesta. Non si respirava un’aria piacevole. Partimmo male, ma non disastrosi come oggi. In quegli anni, la pressione si sentiva molto più di adesso. C’erano vere contestazioni. Per scendere in campo servivano gli attributi. Adesso a Bari si sta bene e va tutto bene. Non c’è posto migliore dove giocare, con un pubblico ed una città meravigliosi. I giocatori di Caserta non possono dire di respirare in un ambiente ostile».

Domenica il Bari ospiterà il Mantova per una sfida salvezza che, onestamente, pochi si sarebbero aspettati. Cosa crede sia andato storto in questo avvio?

«Sono andati via giocatori chiave per il gruppo, come Maita e Benali. Non li avrei mai mandati via. Idem l’incerta situazione mercato di Dorval. Nel Bari non vedo un’anima e non riconosco una squadra».

Il Bari ha la seconda peggior difesa del campionato. Da ex attaccante che conosce bene il calcio, quanto pesa questa fragilità difensiva sul morale della squadra e, in particolare, sul lavoro degli attaccanti?

«Di solito accade il contrario. Il peso maggiore ricade sulle punte. Le difese vengono più considerate di reparto. Nel calcio attuale, l’organizzazione della squadra parte da dietro. Negli ultimi quindici metri non ci sono schemi. Essere una delle peggiori difese mi allarma».

Se Moncini ha segnato la maggior parte dei gol, i suoi compagni di reparto sono in ritardo. C’è un problema di isolamento, di schemi, o si tratta solo di un blocco psicologico che non permette agli altri attaccanti di sbloccarsi?

«Moncini mi piace un sacco. Ha fatto gol belli e importanti. Quando si è in difficoltà, come il Bari in tutte le zone del campo, si crea poco e si subisce tanto».

Caserta è ancora in panchina, ma la sua posizione sembra in bilico. Come si vive nello spogliatoio una situazione del genere? Quanto influisce un’atmosfera di incertezza sul rendimento dei giocatori in campo?

«L’allenatore deve avere la forza mentale di trovare soluzioni diverse. Tattiche, di comunicazione, di atteggiamento. Non basta dire di voler lavorare. Qualsiasi cosa può far scattare la scintilla».

Il club ha scelto un ritiro a Castel di Sangro, lontano dalla città e dai tifosi. Crede che in un momento di crisi così profonda un ritiro forzato sia la scelta giusta o sarebbe meglio restare in città per “sentire” la vicinanza dell’ambiente?

«Il ritiro in Abruzzo non è una soluzione. In questo momento serve anche vivere la delusione del tifoso. Altrimenti è troppo facile. Il colloquio di inizio settimana con la gente è stato sereno. Non ci sono stati episodi eclatanti da giustificare un allontanamento. Contava di più far vedere quanto ci si impegnasse. Ora, chi può determinare faccia delle scelte».

Si parla di una squadra che ha problemi fisici, ma anche e soprattutto mentali e caratteriali. Secondo lei, qual è il problema principale in questo momento?

«Con gli staff dei preparatori atletici, faccio fatica a pensare che una squadra di B non sia pronta a livello fisico. I giocatori si aiutano da soli, devono dare di più. E chi li guida deve metterli in queste condizioni».

Lei eri un attaccante che non tirava mai indietro la gamba. Cosa manca a questa squadra in termini di leader e di temperamento per affrontare i momenti difficili di una partita?

«Se non sei leader, non sei giocatore da Bari. Questa è una realtà importante. Per giocarci servono gli attributi».

Quanto sarebbe importante battere il Mantova non solo per i tre punti, ma per dare una svolta psicologica alla stagione e riallacciare un rapporto di fiducia con lo stadio e i tifosi?

«In certe circostanze, conta una grande prestazione di livello più del risultato. Almeno quella. Il punteggio finale dipende da altre variabili e può anche passare in secondo piano. Non sarà facile perché anche il Mantova vorrà vincere».

Se potesse dare un consiglio o mandare un messaggio ai giocatori, cosa direbbe loro a poche ore da una partita così delicata per la stagione del Bari?

«Date il massimo. Non c’è altra via».

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