È un’estate rovente quella vissuta a Molfetta e non certo per questioni legate ad alte temperature. Negli ultimi giorni violento attacco dell’assessore alle Partecipate e Personale Sergio de Candia ai dipendenti comunali, a dirigenti e addirittura al segretario generale. Un attacco che ha prodotto la risposta e la controreplica delle sigle sindacali e successivamente anche dei partiti di opposizione.
Il tutto è legato a denunce giunte proprio dalle sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil circa ritardi nell’erogazione dei buoni pasto e nel completamento delle progressioni economiche orizzontali, con pesanti ricadute sul reddito e sul benessere dei dipendenti del Comune di Molfetta. «Da mesi - spiegano i sindacati - i dipendenti comunali attendono i buoni pasto, un diritto contrattuale che rappresenta una componente essenziale della retribuzione e un aiuto concreto per le famiglie. Questa mancanza mina la dignità del lavoro pubblico e causa evidenti difficoltà economiche».
Particolarmente critico anche il blocco delle progressioni economiche orizzontali: «Nonostante il bando per le progressioni sia stato emanato da oltre sei mesi - i sindacati della funzione pubblica - il Comune non ha ancora pubblicato neppure la graduatoria provvisoria. Questo immobilismo ingiustificato penalizza la crescita professionale e salariale dei dipendenti, in una fase già segnata da una preoccupante erosione del potere d’acquisto dovuta all’inflazione».
Alla luce di questa situazione, le segreterie territoriali hanno proclamato lo stato di agitazione del personale e richiesto l’attivazione della procedura di raffreddamento presso la Prefettura di Bari. Anziché provare a mediare e a raffreddare gli animi, l’assessore al personale del Comune di Molfetta ha contribuito ad alzare un polverone destinato a far rumore. Secondo l’assessore de Candia i problemi evidenziati dai sindacati non risiedono nelle scelte dell’amministrazione, ma nell’inerzia e nell’inefficienza di parte dell’apparato burocratico comunale a partire «dal segretario generale, dal dirigente del personale e da alcuni funzionari e dipendenti - afferma - la cui responsabilità operativa è fondamentale nei processi oggetto di contestazione».
Volano gli stracci quando lo stesso assessore in uno dei commenti rilasciati sui social network, definisce «sfalzini» una parte dei dipendenti comunali ribadendo, in una nota stampa successiva che «è ora di superare una visione antiquata e dannosa del lavoro pubblico, in cui il “posto fisso” viene percepito da alcuni come una garanzia di stabilità a prescindere da impegno, merito e risultati. L’amministrazione comunale e codesto assessore al Personale - afferma - credono in un concetto diverso di pubblica amministrazione: un’amministrazione che premia chi lavora con serietà e dedizione, e che ha il coraggio di denunciare e contrastare le sacche di inefficienza e irresponsabilità. Non possiamo continuare a tollerare che una minoranza di dipendenti comunali, forti della protezione di alcune sigle sindacali, si sottragga sistematicamente ai propri doveri». Dichiarazioni forti e mal digerite dalle sigle sindacali che adesso annunciano battaglia.
«Un’uscita scomposta e tendenziosa - affermano i tre segretari territoriali di Cgil, Cisl e Uil Michele Jacono, Giovanni Stellacci e Vincenzo Carnicella - che ci porterà ad abbandonare lo strumento dialettico e a passare alle denunce vere e proprie. Riteniamo davvero offensiva, nei confronti di chi lavora, la citazione di Checco Zalone del “posto fisso”: ha usato luoghi comuni che nulla hanno a che fare con la professionalità dei dipendenti».