Che il 57enne Alceste Giancarlo Cavallari, detto «Gianky», figlio dell’ex re Mida della sanità privata pugliese Cicci Cavallari, fosse l’anello di congiunzione tra i narcos spagnoli e alcuni gruppi criminali dell’hinterland barese, lo ha confessato lui stesso e lo ha sancito (in primo grado) la sentenza del Tribunale di Bari che nei mesi scorsi lo ha condannato in abbreviato a 12 anni di reclusione. Nel processo parallelo che si è celebrato con rito ordinario, due dei suoi presunti sodali, Valentino Capocchiano e Montereale Vincenzo, sono stati però assolti nei giorni scorsi per non aver commesso quei fatti o perchè insussistenti.
Il processo «Telos» ai presunti narcotrafficanti baresi accusati di aver importato in Puglia dalla Spagna decine di chili di marijuana e cocaina per conto di una associazione per delinquere, capeggiata dal boss di Noicattaro Giuseppe Annoscia, l’ex sanguinario di Poggiallegro, affiliato al clan Parisi di Japigia (ha trascorso in cella quasi 27 anni per 11 omicidi risalenti agli anni), e dal pregiudicato di Altamura Vito Facendola (entrambi condannati a 20 anni di reclusione), si è diviso in un due filoni: il primo, in abbreviato, nei confronti di 22 persone tutte condannate, approderà in autunno in appello. L’altro, con rito abbreviato, si è concluso qualche giorno fa con una condanna (Filippo Di Bari, 6 anni e 8 mesi di reclusione) e tre assoluzioni, tra cui Capocchiano e Montereale, difesi dall’avvocato Nicola Quaranta.
L’inchiesta della Dda ha rivelato che in Spagna, in particolare in Andalusia, a tenere i rapporti con i narcos sarebbe stato proprio Cavallari, il quale già nell’interrogatorio di garanzia dopo l’arresto di giugno 2023, aveva ammesso quasi tutte le accuse: nove episodi di detenzione ai fini di spaccio di droga da febbraio a maggio 2022. «L’indagine - ricostruiscono i giudici nelle motivazioni della sentenza - ha disvelato un protocollo operativo collaudato: la sostanza arrivava dalla Spagna attraverso corrieri postali che recapitavano i pacchi contenenti la droga o direttamente a Facendola (indicando come indirizzo di destinazione il locale commerciale della madre) o ad soggetti inesistenti, con l’ulteriore accorgimento di inserire nelle casse il gps per il tracciamento del pacco e altre informazioni e riferimenti relativi al reale beneficiario della spedizione».
«I sequestri della polizia giudiziaria sulla base del contenuto delle intercettazioni, il rinvenimento, in occasione della perquisizione effettuata a casa di Cavallari Alceste, dei tagliandi delle spedizioni, i riscontri ai viaggi di Cavallari in territorio spagnolo e i rapporti» con i vertici del gruppo criminale, «consentono di ritenere provato - secondo il Tribunale - l’inserimento di Cavallari nel sodalizio».
«A ulteriore conferma dello stabile inserimento di Cavallari nell’associazione per delinquere deve poi porsi l’accento sull’entità delle transazioni, - scrive il gup - per importi pari a migliaia di euro, sulla loro frequenza e stabilità, sull'attività propulsiva di Cavallari che lungi dal limitarsi ad assicurare il rifornimento di droga dalla Spagna, proponeva di entrare in affari con altri soggetti in quanto grossi e affidabili spacciatori e partecipava in prima persona a testare i cosiddetti “provini” di sostanza provenienti da nuovi canali di approvvigionamento, oltre a partecipare in prima persona agli incontri con altri fornitori e componenti dell’associazione e ad essere a conoscenza dei rapporti di dare/avere con i soggetti che a vario titolo gravitavano intorno al gruppo monitorato».