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Promettevano interessi d'oro, ma era una truffa sull'asse Puglia-Calabria: sequestri per 6 milioni I NOMI

 
isabella maselli

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isabella maselli

Promettevano interessi d'oro, ma era una truffa sull'asse Puglia-Calabria: sequestri per 6 milioni I NOMI

L'inchiesta della Procura di Bari: i soldi raccolti dai risparmiatori sono finiti all'estero, 250mila euro usati per sponsorizzare il Piacenza calcio

Martedì 15 Luglio 2025, 06:00

Avrebbero creato una sorta di sistema bancario parallelo con l’obiettivo di truffare ignari risparmiatori promettendo investimenti a interessi altissimi. Bandenia Financial Group è il nome del falso istituto di credito, una società inglese gestita da baresi e calabresi. Da settembre 2018 a luglio 2019 avrebbe sottoscritto contratti truffaldini del valore di oltre 4 milioni e mezzo di euro, confluiti su conti esteri.

La presunta truffa sarebbe basata su operazioni finanziarie che viaggiavano per lo più sulla rotta Bari, Inghilterra e Ungheria, con contratti di investimento fatti sottoscrivere attraverso raggiri da chi non era abilitato a farlo e investimenti con rendimenti annuali che oscillavano dal 3 al 7 per cento, allettando guadagni facili. È quanto hanno scoperto i finanzieri di Bari che hanno eseguito un decreto di sequestro di beni disposto dal Tribunale per un valore di quasi sei milioni di euro. Sette gli indagati accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere, truffa aggravata, abusivismo finanziario e autoriciclaggio. Il provvedimento a firma del gip Alfredo Ferraro riguarda Annarita Carparelli e Andrea Polegri di 45 e 57 anni, Massimo De Dato, 66 anni e Paolo Giuseppe Binetti, 39 anni, residenti a Bari, il lombardo Fabio Pastore, 54 anni, i calabresi Massimiliano Arena e Giovanni Modafferi, 54 anni, tutti residenti nel Regno Unito.

Gli accertamenti sono iniziati dopo la denuncia presentata da due risparmiatori. Le presunte vittime del raggiro hanno raccontato che le operazioni avvenivano tutta tramite smartphone, a partire dalla apertura di un conto «cifrato» a costo zero che interesse attivo mensile del 6% netto, che diventava 6,5% mensile dopo il terzo anno e addirittura il 7% dal quinto anno in poi, con clausola di vincolo del capitale per tre anni.

L’accertamento su alcune operazioni sospette ha spinto quindi gli inquirenti ad approfondire le segnalazioni. Così è emerso che gli indagati avrebbero fatto sottoscrivere bond che garantivano interessi annui molto alti, coinvolgendo società estere non abilitate a quel tipo di operazioni. Si sarebbero trattato, però, di aperture «simulate» di conti correnti, perché le somme consegnate dai clienti sarebbero state subito trasferite sui conti esteri intestati a società inesistenti ma tutti comunque riconducibili al gruppo Bandenia.

Il controvalore incassato, transitato su conti esteri, sarebbe stato poi reimpiegato, in parte, in attività economico-finanziarie aventi scopo speculativo. In particolare, è emersa la sottoscrizione di un contratto di sponsorizzazione, per un importo pari a circa 250mila euro, a favore di una società calcistica lombarda, la As Pro Piacenza 1919.

Gli indagati, ha accertato la Gdf coordinata dalla pm Luisiana Di Vittorio, avrebbero successivamente offerto nuove forme di investimento, denominate «conto deposito» o «adesione prestito societario», garantendo rendimenti annuali oscillanti tra il 3 e il 7 per cento (ben superiori a quelli riconosciuti sul mercato da prodotti con caratteristiche analoghe), questa volta attraverso società ungheresi, anche queste prive di abilitazioni ad operare in Italia. Questi servizi di «finanza innovativa» venivano promossi attraverso la pubblicazione di annunci pubblicitari (avvalendosi della piattaforma Facebook o utilizzando quotidiani regionali online), nonché tramite uffici aperti a Bari per ricevere la clientela.

Le indagini hanno documentato che né le persone fisiche né le società coinvolte risultavano iscritte in alcun albo gestito dalla Banca d’Italia, dalla Consob o da altri Organismi di Vigilanza. Le presunte truffe accertate sono sei, fino a 260mila euro ciascuna (solo in parte poi rimborsati), e in alcuni casi gli ignari risparmiatori avrebbero affidato, e perso, i risparmi di una vita di lavoro. Per carpire la fiducia dei clienti e «offrire al pubblico una ulteriore parvenza di solidità e affidabilità», si legge negli atti, nelle sedi fisiche sarebbe stato anche assunto personale dipendente. Tra le attività promosse c’erano i tipici servizi bancari, trading finanziario, servizio di cash pick up (prelievo di contanti), offerta di carte di credito e debito.

Dalle verifiche è poi emerso che i depositi effettuati dai clienti, diversamente da quanto accade normalmente, non confluivano nei singoli conti correnti di ciascuno, bensì in un unico conto nella disponibilità degli indagati che, di volta in volta, trasferivano poi le somme sui propri conti. Le indagini si sono avvalse di intercettazioni telefoniche e ambientali e videosorveglianza. Quando la Consob ha mandato due lettere chiedendo informazioni sui servizi offerti, gli investigatori hanno intercettato una conversazione nella quale Carparelli e Polegri dicevano: «Noi dobbiamo andarcene in galera per sta cosa? O dobbiamo farci annullare tutto il sito?». A casa di uno degli indagati, Pastore, è stato sequestrato un quaderno di appunti. Uno dei clienti truffati ha raccontato l’episodio dei 100mila euro in contanti nascosti nei rotoli della carta igienica e portati a Roma per consegnarli, nei bagni della stazione Termini, ad uno degli indagati.

Dal 2020 ad oggi la Gdf barese, nell’ambito di indagini su truffe e patrimoni illeciti, ha eseguito complessivamente provvedimenti di sequestro per circa 630 milioni di euro.

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